I 12 dello Strega 2019

Lo abbiamo fatto!

Abbiamo letto tutti i 12 libri candidati al #PremioStrega 2019!

Il vostro qual é? Il #vincitoresecondonoi lo trovate alla fine dell’articolo, ma non barate!

leggete le recensioni!

In bocca al lupo a tutti i cinque finalisti e che vinca il miglior libro!

#PremioStrega #Cinquina

Nero Ananas di Valerio Aiolli

per Voland

Il romanzo copre i quattro anni successivi all’attentato di Piazza Fontana, avvenuto il 12 dicembre 1969. La storia è raccontata da vari personaggi, ognuno col proprio punto di vista, e culminerà in un finale in cui tutti i fili narrativi dovrebbero ricongiungersi e trovare la giusta armonia. Dovrebbero, perché di fatto il climax è cercato ma non raggiunto, la fabula è carente e l’intreccio corale della storia risulta stonato, cacofonico addirittura. Riprendere la stessa narrazione porta più ridondanza che approfondimento, a volte sembra di trovarsi davanti uno “spiegone” in pieno stile soap opera. I personaggi risultano stereotipati, l’attenzione su alcuni aspetti della loro vita quasi morbosa, per quante volte viene ripetuta. Quasi tutti i protagonisti realmente vissuti hanno un soprannome, ma sono facilmente riconoscibili: mi dispiace solo per Taviani e Scalfaro, con loro la fantasia dell’autore ha fatto cilecca (era intenzionae?), chimandoli con il proprio nome. Dal punto di vista linguistico la lingua non è proprio riuscita: prosa piatta e alcuni guizzi aberranti, come quando il colore del mare è definito blu-tuffo o un colorito diviene bianco-baccalà mantecato. Un libro che non lascia quasi niente, un’idea neanche troppo originale sviluppata in modo approssimativo. Cosa abbia trovato in questo libro Luca Formenton, presidente de Il Saggiatore, per candidarlo al premio, non saprei proprio dire: che sia bastato un sentito omaggio a suo nonno, Arnoldo Mondadori, che a un tratto Aiolli inserisce nella storia? Un libro decisamente non da cinquina, secondo me neanche da dozzina.
Letto da Vhreccia

Quella metà di noi di Paola Cereda

per Perrone

Città di Torino, quartiere periferico di Barriera. Matilde Mezzalama, maestra in pensione, ricomincia a lavorare come badante di un ingegnere immobilizzato a seguito di un ictus. Un lavoro che non ha mai fatto ma è italiana, vive a Torino ed è pulita, quindi viene assunta a casa Dutto anche senza referenze. Ogni giorno, dalla viva e fremente periferia con le case a ringhiera, fra bar gestiti da cinesi, fra disoccupati e drogati, Matilde si sposta in centro a Torino dai coniugi Dutto, cercando di mediare fra litigi, rancori e miserie umane. Ma sono i segreti quelli che avvicinano le persone, quella metà di noi che i figli e le mogli non conoscono e non immaginano. I segreti che l’ingegnere rivelerà a Matilde nei suoi ultimi giorni di vita, i segreti che anche Matilde cela da anni e che rivelerà alla figlia, personaggio esageratamente antipatico e privo di empatia.

Uno spaccato di vite scritto finalmente in terza persona (!) che ha i toni leggeri di una commedia, parte con ritmo e ottime premesse ma si perde un po’ nel finale. Lettura tutto sommato piacevole ma non esaltante.
Letto da Polimena

Il rumore del mondo di Benedetta Cibrario

per Mondadori

#Cinquina

Un libro difficile, questo di Cibrario. Sono incappata in ben due libri complessi leggendo i 12 candidati e per fortuna, direi! Il rumore del mondo è un libro scritto su più piani narrativi e con differenti forme: diario, romanzo epistolare, tradizionale terza persona con autrice onnisciente rispetto all’azione.

Il racconto inizia in modo avvincente. Una giovane donna in vaggio per raggiungere il marito si sveglia in una locanda in preda al delirio per un malattia. Da lì si dipana la storia di Anne Bacon, figlia di un ricco mercante di stoffe londinese, e di Prospero Vignon, vigulto di una antica famiglia sabauda, uniti dal matrimonio ma non dalla vita. La storia ha come sfondo la Storia, quella del Regno Sabaudo tra il 1938 e il 1949, il decennio in cui Torino sarebbe diventata il fulcro delle aspirazioni unitarie della Penisola, una città provinciale e periferica che assurge al ruolo di capitale di una Nazione.

Cibrario ha una lingua colta, ricca, una prosa espressiva e fine, ma a volte ridondante. Il libro in alcuni punti si presenta prolisso, fiumi di parole che poco aggiungono alla storia e poco servono a descrivere i tratti dei protagonisti. Protagonisti che sono molteplici, una folla tale da generare “il romore del mondo”, il rumore che circonda Anne e che non le dà tregua, da cui cerca di scappare e a cui spesso ritorna. IL personaggio meglio riuscito, quello del suocero Casimiro Vignon, uomo della tradizione che per voglia di vivere abbraccia il rischio del cambiamento. Sullo sfondo una magnifica campagna piemontese, la campagna che sarà non solo sfondo ma sostegno, ragione sostanza della vita di Anne e di Casimiro.

Notevoli, a mio parere, le parti epistolari. La lettera di addio del nonno ad Anne è davvero un piccolo capolavoro di maestria. La figura della Sgnora Manners restituita dalla corrispondenza epistolare davvero molto bene costruita.

All’autrice il merito di una ricostruzione filologica del periodo. Il libro cela un enorme sforzo di studio e approfondimento. Il demerito? continuare a spostare l’obiettivo da un personaggio all’altro ha reso il romanzo “evasivo”. Solo alla pagine finali la lettrice (o il lettore) si accorge che l’intento non era raccontare delle storie, ma la vita all’epoca in Piemonte. Altro punto difficile: il romanzo ha “troppa carne al fuoco”. L’autrice affronta troppi temi e io non amo questo tipo di approccio al romanzo.
Letto da Tatiana Larina

Di chi è questo cuore di Mauro Covacich

per La nave di Teseo

Di cosa parla il libro? Chi è il protagonista? Di chi è questo cuore? La lettura del romanzo di Covacich mi ha lasciato con molte domande, senza risposte: ma forse era questo l’intento dell’autore? Non saprei dare un giudizio lucido perché non ho forse ben capito la struttura del racconto che ho faticato a seguire, sebbene la scrittura sia chiara e, a tratti, avvincente. L’ambientazione romana, in una Roma per nulla patinata, è forse l’aspetto che più mi ha colpito.
Letto da Davide Nadali

La straniera di Claudia Durastanti

per La nave di Teseo

#Cinquina

Non sono l’unica fra i “russi” ad aver letto la Durastanti e i giudizi emersi sono molto diversi l’uno dall’altro. Io non ho amato questo libro, contrariamente ad alcuni di noi che lo hanno letto e amato. La Straniera, iniziato in modo scoppiettante, con una prosa complessa ma al tempo stesso fluida, racconta la biografia della scrittrice, fra i genitori con ipoacusia e i trasferimenti fra Stati Uniti e Basilicata. Scritto in prima persona, come normale per un’autobiografia, il libro per me non mantiene le premesse, si dilunga e la trama sul finale si fa sfilacciata. Letto fino all’ultima pagina per dovere, non vedevo l’ora di concluderlo. Sbrodolato.
Letto da Polimena

Il risolutore di Pier Paolo Giannubilo

per Rizzoli

Giannubilo presenta il suo Il risolutore come un romanzo, giocando però ampiamente con il confine fra finzione e realtà. Ruggero Manzoni è fonte che resta, nelle intenzioni del suo autore, fra l’attendibile e l’inattendibile, come l’anonimo de “I promessi sposi”. Ma la storia, nel suo essere sopra le righe, scivola frequentemente nell’improbabile spinta da una scrittura spesso autocompiaciuta (Bisonte smandriato? Panno verde cinabro?). Il protagonista attraversa le tappe più importanti dell’Italia degli ultimi cinquanta anni, incontrandone a volte artificiosamente i protagonisti (va bene Tondelli e Pazienza come compagni di università, ma l’amicizia fraterna con Moana Pozzi nello spazio di un volo aereo?). E, pagina dopo pagina, ci si trova a chiedere per quale motivo tentare di trasformare in epica le gesta di un tizio che beve, inganna, ammazza, minaccia, scopa al limite dello stupro. I richiami a “I promessi sposi” che punteggiano il testo, a volte semplicemente brani buttati in mezzo al racconto, risultano stranianti: il messaggio morale di Manzoni Alessandro era chiaro e rigoroso; perché accostare il suo disturbante discendente prima a Renzo (la rivolta dei forni) e poi all’Innominato?

A lettura terminata diventa evidente che questo è un libro “con tutti gli ingredienti che piacciono alle masse”: guerra, soldi, sesso tanto e da film porno, sangue, vendetta. È scritto in una lingua che strizza l’occhio alle piccole ambizioni intellettuali dell’italiano medio e alle sue reminiscenze del liceo. Ma soprattutto è conforme all’atteggiamento della borghesia italiana: Ruggero Manzoni è una vittima; uccide, ma perché viene sempre spinto da altri, diavolo compreso; ha paura di prendersi l’AIDS, ma la colpa è delle donne assatanate che vogliono da lui solo rapporti anali senza preservativo; approfitta del momento opportuno per sottrarre all’ex compagna la custodia della figlia, ma lo fa per il bene della bambina. Non c’è crimine efferato o mascalzonata di cui il piagnucoloso protagonista si senta o venga reso responsabile davvero. Anche se i Camaldolesi ad un certo punto si stancano di lui, l’assoluzione è piena. Resta il sapore amaro di aver letto una storiaccia perfettamente conforme a quello che è l’Italia in questo momento. E non è uno un bello specchio.
Letto da Rosa Lidenbrock

L’età straniera di Marina Mander

per Marsilio

Leo, diciassettenne studente liceale intelligente ma poco studioso vive nella periferia milanese con la madre e il nuovo compagno di lei, un conducente di taxi. Il padre, un brillante matematico si è suicidato alcuni anni prima, lasciando un senso di vuoto e di colpa in Leo.
La tranquilla vita estiva del liceale, fra Kurt Kobain e sogni di sesso viene interrotta quando la madre, volontaria per un’associazione che tenta di aiutare i prostituti che si vendono al mercato ortofrutticolo, decide di portare a casa un ragazzo giovanissimo, romeno, brutto, magro e che non parla una parola di italiano. Leo si trova a dividere la stanza con il ragazzo, Florin che ribattezza in un nanosecondo Iwazaru, come una delle scimmiette giapponesi. In un flusso di coscienza ininterrotto, pieno di umorismo, politicamente scorretto ma anche delicato e ironico, il racconto segue le scorribande dei due adolescenti, fra quartieri degradati e senso di libertà. Piacevole lettura.
Letto da Polimena.

Lux di Eleonora Marangoni

per Neri Pozza

Il tema del romanzo di formazione è ricorrente nella long list di candidati allo Strega 2019. Lux è un romanzo che potremmo definire delicato. La storia è quella di un giovane architetto italo-inglese che alla morte della madre riscopre le proprie radici italiane, grazie all’eredità di un albergo in una non meglio identificata isola del Mediterraneo. La morte della madre, insieme alla scoperta di questa proprietà portano il protagonista a cercare la propria identità, a capire cosa davvero vuole e si aspetta dalla vita. La luce è un aspetto dominante e la luce dell’isola lo aiuterà a vedere i propri sentimenti, le proprie relazioni in una prospettiva differente. Libro con sprazzi di poeticità, Lux parla alla generazione dei trentenni o giù di lì che si trovano davanti alla necessità di crescere. La lingua usata da Elenonora Marangoni è elegante e fluente allo stesso tempo e in tempi di false sperimentazioni questo non è merito da poco. Non è nella cinquina finale, ma tante tante congratulazioni all’autrice per il meritato (a nostro avviso) premio POP!
Letto da Tatiana Larina

Città Irreale di Cristina Marconi

per Ponte alle Grazie

Cristina Marconi ha scritto un romanzo che presenta più livelli di lettura. Il primo è la storia della formazione (appunto tema ricorrente) di una giovane donna che nonostante una (rara) sicurezza lavorativa per la sua giovane età lascia Roma per trasferirsi a Londra. Un salto nel vuoto. Dalla rassicurante città dove è cresciuta al vortice della vera metropoli. La protagonista vive di lavoro e fa del lavoro la ragione di vita. Proprio questo fornisce un secondo livello di lettura: la centralità che il lavoro pretende oggi e che nulla restituisce. La scelta della protagonista non è dettata da necessità esterne (disoccupazione, sottoccupazione) ma rispecchia comunque la realtà di migliaia di giovan* italian* che sono costretti ad emigrare per cercare migliori opportunità. E siamo sicuri che queste opportunità ci siano davvero? che sacrificare tutto per il lavoro sia la scelta giusta? La protagonista giunge a conclusioni diverse dalle premesse ma per questo servirà una lunga e dolorosa maturazione sua e di accettazione da chi condivide la sua vita.
Un terzo livello di lettura è il capovolgimento del ruolo della donna che da subire le decisione del maschio della coppia si fa fulcro di tali decisioni, condizionando la vita di entrambi. Il romanzo intreccia la vita di Alina con quella di un’altra donna che in qualche modo con le ha a che fare, in che modo si capirà solo negli ultimi momenti. Questa è a nostro parere la parte più delicata del libro, dato che per molta parte le vite restano distanti e la lettura si fa discontinua.
Letto da Tatiana Larina

Fedeltà di Marco Missiroli

per Einaudi

#Cinquina

Ancora una crescita, ma in questo caso protagonista è una coppia all’apparenza normale che nasconde le irrequietezze e le incertezze, tipiche del nostro tempo, di una adolescenza mai superata. Una adolescenza che permane oltre l’anagrafica. Missiroli in questo libro attanaglia lo spirito dei protagonisti, scandagliando ogni recesso, ogni pensiero nascosto. Gli interrogativi si annidano in ciò che NON si è avuto il coraggio di compiere piuttosto che negli errori compiuti. Fedeltà pare dare corpo al motto “meglio vivere di rimpianti che di rimorsi” e  ne sanno qualcosa i due protagonisti, marito e moglie solo all’apparenza uniti, ma continuamente distratti da un flusso di tentazioni, dalle infinite possibilità rappresentate dalle relazioni sentimentali che irrevocabilmente sono precluse quando si sceglie il matrimonio. Ma è davvero così? Davvero essere fedeli è la scelta giusta per essere felici? Davvero la fedeltà coniugale significa non avere altri partner sessuali?
il romanzo di Missiroli sembra dire il contrario. Essere fedeli all’altro significa non abbandonarlo, non cedere alla fuga anche quando sembra l’unica soluzione. Il libro è abbastanza bene scritto, ma io l’ho avvertito freddo, distante, quasi il sensore di una modernità di sentimenti “diversi”, portatore di sentimenti, stati d’animo, scelte molto relative. Molto ben descritta la claustrofobia in cui pare cadere il protagonista prima della maturazione, prima dell’epilogo. Il libro ha tratti di autoreferenzialità che non giovano all’immedesimazione.
Letto da Tatiana Larina

M. Il Figlio del Secolo di Antonio Scurati

per Bompiani

#Cinquina

La risonanza avuta in Italia di un libro come M. di Antonio Scurati è certamente sintomo di una irresolutezza dei temi che ruotano intorno al fascismo.  Un esempio è il ritorno ciclico del richiamo all’ “uomo forte”, al “Capo” (il Duce, dal latino “Dux” : il condottiero”) spirituale e/o politico in grado di guidare noi, uomini e donne del popolo. Scurati ci trasporta con un linguaggio coinvolgente e spesso nauseante nelle viscere di un sistema, quello creato da Mussolini, in un’Italia scossa e lacerata all’indomani della Prima Guerra Mondiale. Malgrado l’aurea rivoluzionaria che spesso si vuole associare al nascente fascismo, capiamo, leggendo Scurati, che, come nel più classico dei meccanismi della politica italiana, il fascismo, dopo una primissima impostazione contingente ai movimenti rivoluzionari dell’epoca, si rafforzò e divenne forza di governo grazie a un misto di violenza e compromesso con la borghesia, la monarchia, la chiesa, le forze politiche ritenute più moderate ecc. Leggere oggi Scurati è sicuramente importante, malgrado l’infinita lista di testi anche più autorevoli scritti da storici italiani e stranieri sull’argomento. Condivido però la riflessione fatta da più parti sul rischio che può derivare dalla coincidenza della pubblicazione di M. con il momento storico che stiamo vivendo, in cui il richiamo agli strumenti e l’ideologia fascista sono più forti che mai.
Letto da Maria San

Non esito a definire M. Il figlio del secolo uno dei migliori libri italiani degli ultimi decenni, per i temi trattati, per la necessità di ribadire gli errori che abbiamo compiuto (visto che troppo spesso si tende a dimenticarli), ma soprattutto è un libro di una complessità e una eleganza rara. La ricerca storia e storiografica dietro al libro è impressionante, e peccato se qualche nostro intellettuale lo abbia definito “poco attendibile”. Noi prendiamo M. per quello che è: un romanzo storico. Scurati ha il raro talento della trasposizione dei fatti storici in narrazione senza alterare la realtà. L’architettura del libro è la dimostrazione di ciò; gli eventi narrati secondo lo stile dell’autore sono seguiti da documenti e fonti storiche: lettere private, discorsi politici, testi di leggi, articoli di giornale. C’è dietro M. il lavoro certosino di uno scrittore che è un intellettuale. M. è il libro che mancava sul nostro passato e di cui i nostro presente ha bisogno.
Letto da Tatiana Larina

M. Il figlio del secolo è anche stato scelto da Alex per il Ci mettiamo la faccia 2019.

Addio Fantasmi di Nadia Terranova

per Einaudi

#Cinquina

Avevo letto questo libro molto prima che venisse inserito nei dodici finalisti del Premio Strega, visto il gran parlare che se ne faceva in rete. Il libro è ambientato a Messina, dove la protagonista Ida torna per un breve periodo, per aiutare la madre nella ristrutturazione dell’appartamento che vuole mettere in vendita. Se all’inizio la fretta di tornare a Roma, alla vita di sempre, rende Ida impaziente e quasi ostile nei confronti della madre e della città che è stata la sua, a poco a poco la protagonista si troverà a dover fare i conti con i fantasmi del passato, con l’ingombrante figura del padre depresso e con la sua scomparsa. Non mi è dispiaciuto ma l’ho trovato un po’ volatile, leggero. Un libro che mi ha lasciato poco.
Letto da Polimena


Dopo averli letti tutti, dopo esserci confrontati, dopo aver condiviso le recensioni, per noi di #ParladellaRussia c’è un solo vincitore:

M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati per Bompiani

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6 risposte a "I 12 dello Strega 2019"

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  1. Bellissimo post, purtroppo non ne ho letto nessuno, ma in fondo ne sono contenta negli ultimi anni hanno tolto fuori solo mattoni indigesti. Questo è un mio personalissimo parere!

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