“Continuo a pensare a quanto potere ha un grande scrittore. Tutte le cose che scrivi commuovono le persone. E’ un pensiero egoistico… ma se con tutto ciò che hai scritto in tutta la tua vita ti fossi solo esercitato per quelle sette righe che sono state lette solo da me – e da Jack – sono contenta che tu sia diventato scrittore”.
Jacqueline Kennedy a Truman Capote (lui gli aveva scritto una lettera di condoglianze per la morte del figlio neonato).
Biblioteca di Trento, scaffale di letteratura americana. Prendo un volume della Minimum Fax, Orientarsi con le stelle, una raccolta di poesie di Raymond Carver. Poi lascio correre lo sguardo tra i titoli e vedo questo libro verde. Ora, non so come, ma gli ultimi libri che ho comprato hanno tutti la copertina verde. Se continuerò così, il verde sarà il colore con il quale “resterò”.
Da poco ultimata la lettura di A sangue freddo e dopo aver guardato il film interpretato da Philip Seymour Hoffman, non ho saputo quindi resistere a prenderlo in prestito (e poi comprarlo).
Questa raccolta di lettere si è rivelata infatti una lettura sorprendente.
Capote era una persona fuori del comune. Intelligente, caustico, colto. La sua arguzia, l’amore per il pettegolezzo, la capacità di sorprendere e di essere al centro dell’attenzione, il fatto di essere nato in una famiglia normale e poi essere diventato un uomo di successo fanno di Capote l’ospite conteso dai potenti dell’epoca. Dai Kennedy ai Chaplin, da Marylin Monroe a Audrey Hepburn, dagli Agnelli ai Ford.
Se dalla lettura di A sangue freddo avevo ricavato l’opinione che fosse contrario alla pena di morte, leggendo queste lettere non ne sono più così sicura. Sapeva che sarebbe stato il suo capolavoro. Ma non poteva concluderlo se la sentenza non fosse stata eseguita. In molte lettere si nota lo scoraggiamento, la speranza infranta, la rabbia che derivava dai continui rinvii ai vari livelli della giurisdizione americana. Non ne poteva più, come se quell’attesa fosse difficile e snervante come quella degli stessi condannati a morte.
[dalle lettere ai Dewey]
3 aprile 1961
Il problema è che sono arrivato a un punto del libro in cui devo sapere come va a finire! Ora: credi sia possibile che la condanna non venga eseguita?
12 luglio 1961
Oh, spero (spero? Prego in ginocchio) che non si vada alla Corte Federale. Ma è da credere che il caro Dick sia già tutto occupato a presentare un’istanza. Ma lo avete letto il fascicolo che ha consegnato alla Corte Suprema del Kansas? Ne ho avuto una copia – no, davvero, è troppo ridicolo. Ho particolarmente apprezzato il punto in cui lamenta l’incostituzionalità della condanna perché implica la “privazione della vita”.
9 dicembre 1961
Se ci sarà un nuovo processo, e l’impressione è che la cosa si trascinerebbe per almeno due anni, sarò costretto ad abbandonare il progetto. E’ una decisione terribile, dopo tutto il lavoro e il tempo e il denaro che ci ho messo (e il libro che è già più che a metà!). Ma non posso permettermi, anche col supporto finanziario del New Yorker, un ritardo così lungo; né potrei sopportarlo mentalmente: questo genere di intenso e lungo lavoro creativo ti mantiene in uno stato di costante tensione, e se a ciò si aggiungono tutte queste altre ansie e incertezze la pressione è davvero troppa. Vi dirò una cosa: do di stomaco ogni singola mattina per le tensioni che mi comporta scrivere questo libro. Ma ne vale la pena, perché è l’opera migliore che io abbia mai scritto. Dio, non so che cosa fare.
[lettera a Marie Dewey]
4 settembre 1962
E’ terribile che io “perda la testa” in questo modo, ma questo libro mi ha messo in una situazione molto difficile da cui ora dipende tutto il mio futuro di artista, e questa incertezza, non bastasse il libro in sé, mi distrugge letteralmente.
[lettera ad Alvin Dewey]
5 settembre 1962
Caro Alvin,
ero in città con la macchina e il signore del telegrafo s’è buttato in strada agitando le braccia – come se avesse saputo con quanta ansia e letizia avrei accolto il telegramma. E così è stato. Mille grazie, Volpe cara! Sei il mio amico preferito. Allora: il 25 ottobre [ultima data scelta per l’esecuzione di Smith e Hickock, ndt]. Finalmente progressi – confido, prego e spero.
Ma mi domando che cosa accadrà adesso. Shyster Shultz andrà avanti? – o se n’è andato? H & S vivranno fino alla felice e veneranda età di cent’anni? – o finiranno sulla forca facendo felice un sacco d’altra gente? Per conoscere la risposta a queste e altre domande che ci tengono col fiato sospeso, sintonizzatevi domani sul vostro programma radiofonico preferito, “Giustizia dell’ovest”, sponsorizzato dalla Lenti Come la Fame S.p.A., prodotto in Kansas.
[lettera a Cecil Beaton]
17 settembre 1963
Sto malissimo per la tensione e l’ansia. Perry e Dick attendono l’esito del ricorso alla Corte Federale per avere un Nuovo Processo: se dovessero ottenerlo (un nuovo processo) avrò un esaurimento nervoso o qualcosa del genere.
[lettera a Sandy Campbell]
19 gennaio 1965
Sandy,
mi è appena arrivato il telegramma. Grazie mille! Adesso incrociamo qualsiasi cosa: ginocchia, occhi, mani, dita!
[lettera ai Dewey]
9 febbraio 1965
Ho avuto un lungo colloquio con lui [Joseph Jenkins, avvocato di Hickock e Smith]. […] Jenkins ha detto: “penso sia ancora possibile ottenere un nuovo processo. E, se lo otterremo, stavolta non potranno condannare quei ragazzi. Saranno liberi”. E ho pensato: sì, e mi auguro che il primo che faranno fuori sia lei, figliodiputtana. Ma in realtà gli ho detto: “Davvero questo è il suo concetto di giustizia? Che, dopo aver ucciso quattro persone, dovrebbero lasciarli uscire in strada? Non la disturba un po’ quest’idea?”. Ha avuto la delicatezza di ammetterlo. Avvocati! Che ipocriti!
[lettere a Cecil Beaton]
19 aprile 1965
Carissimo Cecil,
solo poche stanchissime righe (mi devi una lettera, comunque), ma volevo che tu e Kin sapeste che il caso è chiuso e il mio libro uscirà il gennaio prossimo. Martedì scorso, Perry e Dick sono stati giustiziati. Ero lì perché loro volevano che ci fossi. E’ stata un’esperienza terribile. Una cosa da cui non mi riprenderò mai. Un giorno te ne parlerò – se te la sentirai.
16 giugno 1965
Carissimo Cecil,
tre giorni fa ho finito le ultime pagine del libro. Sia ringraziato il Signore. Incredibile davvero essere improvvisamente libero (relativamente) da tutti quegli anni e anni di tensione e invecchiamento. Al momento, sento solo un vuoto. Ma anche riconoscenza. Mai più!
[…] Sarà la mia prima vera vacanza dopo quasi 6 anni: libero dalla mia gigantesca ossessione.
Capote parla spesso, nelle sue lettere a Dewey (l’investigatore), di Nelle Harper Lee, che avevano conosciuto. Tanto Capote fa vita di società quanto Harper Lee se ne tiene lontana. Parla più volte di un secondo romanzo al quale Harper sta lavorando, ma a quanto pare non è mai stato portato a compimento. L’uscita di questi giorni nelle librerie americane del romanzo precedente a Il Buio oltre la siepe è una trovata commerciale – che io, personalmente, ritengo non corretta visto che è stato pubblicato senza il consenso dell’autrice.
Un altro motivo di profondo interesse per questo libro deriva dalle lettere che Capote scriveva al figlio dell’investigatore, Dewey III. Sembra che volesse fare lo scrittore e inviava a Capote le sue prove. Non si fa scrupoli, Capote, a segnalare dove dovesse migliorare e come arrivare a farlo. Dà consigli di lettura, peraltro molto interessanti, e piccoli esercizi pratici da fare.
[estratti dalle lettere ad Alvin Dewey III]
25 maggio 1964
Il metodo dell’Assurdo (che invero non è che una moda letteraria passeggera) è un trabocchetto seducente per i giovani aspiranti scrittori: perché i contenuti sono così arbitrari, liberi, facili da trovare. E perché è molto facile sembrare profondi e pieni di significato quando si è soltanto enigmatici e pretenziosi (e pieni d’aria fritta). Questo non vale per tutta la scuola dell’assurdo (Beckett ha talento, e anche, in minor grado, Ionesco); ma non è né prudente né utili che i giovani scrittori imitino questa forma.
Non si può insegnare a scrivere. Si può imparare a scrivere solo scrivendo – e leggendo. Leggendo buoni libri scritti da veri artisti -finché non capirai perché sono buoni. Sono certissimo che non l’hai mai fatto; e devi. Ecco alcuni libri che desidero tu prenda in biblioteca; scelgo questi perché penso che ti piaceranno e perché ti daranno un quadro completo su che cos’è la scrittura. 1) Il segno rosso del coraggio di Stephen Crane. 2)La mia Antonia di Willa Carther. 3) Una signora perduta di Willa Carther. 4) I racconti di Katherine Mansfield. 5) Il cuore non è un cacciatore solitario di Carson McCullers.
1° luglio 1964
…ciò che mi ha interessato di più è come hai reagito a La mia Antonia. Dici che ne eri troppo avvinto per poterne trarre alcun “insegnamento”. Ma non si può trarre alcun insegnamento da un libro, artisticamente almeno, se esso non ci avvince. Non è un processo consapevole – o lo è molto di rado. Si trae vero insegnamento soltanto da ciò che ci diverte. Se un libro o un racconto ti annoia, tanto vale che lo posi. In questa fase, tutto ciò che desidero tu faccia è cercare di sviluppare una consapevolezza istintiva di ciò che è buona o cattiva scrittura. Accadrà da sé. A proposito, come ti è sembrato Il cuore è un cacciatore solitario?
Ecco qualche altro libro con cui vorrei ti cimentassi.
Addio alle armi di Hemingway;
La mia Africa di Karen Blixen;
Racconti dell’Ohio di Sherwodd Anderson
Una raccolta di poesie di Robert Frost4 luglio 1964
Menzioni i racconti di Evan Hunter. E’ uno scrittore di una mediocrità estrema. Ora, va benissimo svagarsi con cattiva letteratura (io amo molti svariati scrittori davvero terribili: Agatha Christie, Ian Fleming ecc.), ma è importante essere consapevoli che sono cattivi scrittori. Ma questo lo scoprirai solamente accumulando letture e con l’istintiva evoluzione del gusto.
Devi prendere l’abitudine di scrivere, foss’anche un paragrafo al giorno. Prova a tenere un diario. Un buon esercizio consiste nel descrivere, in una o due pagine, qualche scena o persona esattamente come la vedi – quando avevo la tua età sole fare questo esercizio col massimo scrupolo: t’irrobustisce, come l’esercizio al pianoforte. In questa fase, non è necessario che ti cimenti con un intero racconto. In ogni caso, scrivi di ciò che conosci.
[..] Hai letto Angelo, guarda il passato di Thomas Wolfe? Ho molte riserve al riguardo, ma sono convinto che dovresti leggerlo. E ovviamente devi leggere Il giovane Holden – ma forse l’hai già fatto.
16 luglio 1964
…lo “sketch” è interessante, ma troppo disorganizzato. Come ho detto in precedenza, per ora dovresti limitarti a “esercizi”: descrivi Pete in uno o due paragrafi di semplici frasi dichiarative. Descrivi gli uomini con cui lavori. Il loro aspetto, che genere d’uomini credi che siano, che cosa mangiano e di che cosa parlano, cita le loro conversazioni. Descrivi la tua fattoria. Insisti con piccole cose che conosci. Forse questo genere di argomento non ti sembrerà d’ispirazione – non subito. Ma ti insegnerà un sacco sulla scrittura.
30 luglio 1964
…gli “esercizi” mostrano grandi progressi. La qualità dell’osservazione è buona, visivamente. Ma dovresti includere dei fatti – ci si chiede: è sposato quell’uomo? Quanti anni ha? Quanto può guadagnare? Ha dei figli? Non voglio dire che queste cose siano sempre pertinenti – questo imparerai a giudicarlo da te.
Comunque, esci dal seminato per cercare una parola inconsueta o lunga laddove una più semplice andrebbe bene. La maggior parte dei principianti lo fa – si direbbe perché credono che scrivere bene sia scrivere elaborato. Non è così. Sforzati di cercare la semplicità: la parola semplice e ordinaria per solito è la migliore. E’ come la disponi che conta. Prova con questo esercizio: ritrai una persona che ti piace molto, quindi una che detesti cordialmente.
Ti ho spedito un breve romanzo che s’intitola Il collezionista [di John Fowles ndt] – non è un capolavoro ma è piuttosto ben scritto e credo che lo troverai divertente.
Bene, stai facendo progressi! Quanto a Simenon: lo conosco poco, e non direi che sia infelice: è lo scrittore più ricco del mondo! Ha ha.
25 agosto 1964
Sono contento che passi tanto tempo a preoccuparti di che cosa scrivere. E’ una buona abitudine. Devi scrivere qualcosa ogni giorno – purchessia. E devi imparare a riscrivere. Forbire.
22 marzo 1965
Continua a esercitarti; possono volerci da 50 a 100 racconti prima che lo stile e l’argomento e la tecnica prendano forma. E’ come imparare a nuotare.
Da notare anche la cura con cui scriveva tali lettere. Punteggiatura impeccabile, lineette, come fosse un vero romanzo.
Altra cosa che mi ha colpito. Ricordo che all’incontro del gruppo di lettura dissi che la cosa che mi sconvolgeva è che con questo famoso romanzo-verità gli autori dei delitti avessero in qualche modo guadagnato l’immortalità. In una lettera ai coniugi Dewey, datata 15 febbraio 1963, Capote scriverà, in un post scriptum “Ho appena spedito la terza parte del libro al signor Shawn, la settimana scorsa. Mi ha mandato un telegramma: «Un capolavoro stop Un’opera d’arte che la gente leggerà ancora fra duecento anni». Vedete? Non sarete solo famosi, anche immortali! E non scherzo”.
L’unica nota dolente di questo libro è che attualmente è introvabile. Qualche sito di libri di seconda mano ne è provvisto. Se vi ho incuriositi, non fatevelo sfuggire. E incrociamo le dita affinché qualcuno si decida a ristamparlo. Con la copertina verde.
Titolo: Delizie e crudeltà
Autore: Truman Capote
Curatore: Gerald Clarke
Traduttore: Piero Gelli
Editore: Archinto
Prezzo: € 19,50
ISBN: 9788877684714
Grazie grazie grazie @mariarosaraffaelli
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chi è @mariarosaraffaelli :D? il mio alter ego?
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L’ha ribloggato su LibriPensierie ha commentato:
“Ora, va benissimo svagarsi con cattiva letteratura (io amo molto svariati scrittori davvero terribili: Agatha Christie, Ian Fleming ecc.), ma è importante essere consapevoli che sono cattivi scrittori. Ma questo lo scoprirai solamente accumulando letture e con l’istintiva evoluzione del gusto.”
Truman Capote, parlando di scrittura e libri
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