Un futuro possibile quanto improbabile e la soluzione di molti dei problemi dell’Italia del 2000. Le nascite aumentano, gli anziani si ritirano, chi è al comando decide e il paese prospera.
Noi italiani sappiamo che così non possiamo più andare avanti, che dobbiamo cambiare qualcosa, e che stiamo sprofondando nella crisi. Lidia Ravera prova a immaginare per noi una via di uscita. Come Saramago, ma senza condurre un vero e proprio esperimento sociologico, Ravera ipotizza una società futura, con regole nuove e un futuro fuori dal tunnel.
I due protagonisti, marito e moglie, sono due vincenti, due fuoriclasse; appena ritirato lui e prossima al ritiro lei. La narrazione è dal loro punto di vista: dal punto di vista di chi si ritira dalla scena, piuttosto che da quello di chi si affaccia alla vita sociopolitica ed economica del suo Paese.
Potrebbe essere altrimenti? Lidia Ravera nasce a Torino nel 1951. Oggi ha sessantatrè anni ed è assessora alla cultura nella Regione Lazio. E’ nell’età del “ritiro” e ben inserita nel mondo del “potere” e delle poltrone: una fuoriclasse anche lei (quanto vi è di autobiografico nella protagonista?). Insomma, il romanzo è partigiano, ma quale romanzo non lo è?
Lo stile, a volte un po’ troppo ricercato, non ostacola il flusso della narrazione; il libro scorre veloce e la lettura è coinvolgente. I personaggi si lasciano avvicinare con interesse e poi, nemmeno troppo in fondo, il romanzo nasconde una matura storia d’amore.
Non vi svelerò le mie impressioni sul finale, per lasciare al lettore interessato quel pizzico di mistero che a me piace tanto avere quando leggo un libro e ne riparleremo insieme a lettura ultimata, se lo vorrete.
Vorrei chiudere lanciandovi una domanda. Secondo voi come avrebbe trattato lo stesso tema un giovane laureato di trentanni disoccupato?
Alcuni passaggi che mi sono piaciuti
Altre volte la bellezza di sua moglie, quella perfezione prosperosa benedetta da un’incolpevole volgarità, l’aveva aiutato a dissolvere il fastidio per come si muoveva o parlava. Non sempre. Non quando si trovavano, tutti e due, in presenza di sua madre.
Avanti a tutti c’era Enzo, che alcuni, ancora, chiamavano Onorevole, con una sfumatura molto leggera dell’antico disprezzo, quello che aveva travolto la categoria, prima che si insediasse il Partito Unico, con i suoi “cittadini”.
È qualcosa di più profondo e doloroso, la gratitudine che provi quando ti vedono, quando i figli si accorgono di te e ti tendono una mano.
cos’è una riprova radical chic dell’establishment? non so perché ma questi arrivati dal cuore tenero e dalla critica facile al sistema di cui sono fautori e fruitori proprio non mi va più giù. Ottima la recensione! grazie
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