Sono sempre titubante quando si tratta di scrivere qualcosa sui classici, ma nel caso di Vasco Pratolini è doveroso: uno perché è,a mio parere, imprescindibile per un lettore italiano; due perché fa parte di quella parte di scrittori italiani che stanno cadendo nel dimenticatoio (come Bacchelli, ad esempio), basti considerare quanto sia difficile reperire la maggior parte dei titoli dell’autore anche nelle grandi catene di distribuzione. Semplicemente non si pubblicano più… e perché mai pubblicare un libro che fa riflettere sulla storia o sulla condizione di sfruttamento dei lavoratori o sull’oppressione del potere? Pratolini è uno di quegli scrittori (pochi davvero) che, sebbene contestualizzati storicamente e appartenenti ad una precisa corrente letteraria, trascende i momenti storici e manda messaggi universali. Il suo realismo sociale ha una tale freschezza di linguaggio, una leggerezza strutturale che a tratti rasenta la poesia nonostante le tematiche siano prosaiche e socialmente rilevanti.
Metello è la prima parte di una trilogia “sociale” (qui la recensione a Una Trilogia Italiana) che dalla fine del XIX sec. ripercorre circa 60/70 anni della storia patria (seguono “Lo Scialo” e “Allegoria e Derisione”). Protagonista è un povero contadino che decide di diventare muratore, di vivere in città lasciando i campi, di entrare nella schiera dei lavoratori manovali sfruttati e proletari. Si tratta di un romanzo storico, dove le vicende di Metello Salani sono perfettamente inquadrate nell’epoca.
L’adattamento della tematica della protesta sociale all’Italia – poco industrializzata – attraverso la figura del manovale è riuscita e pertinente. Tra anarchici e socialisti, leader celebri e poveri lavoratori, si snoda una vicenda privata fortemente condizionata dalla storia. Pubblico e personale si intrecciano per definirsi meglio. Metello è un uomo che si comporta come ogni uomo della sua epoca (e non diciamo di sempre): maschilista e guappo, egoista e generoso, avventato e ponderato . La psicologia del personaggio è magnificamente descritta e Pratolini non gli fa sconti. Metello non è un santo, e perché dovrebbe esserlo?
Meravigliosa la figura di Ersilia, donna del suo tempo e del popolo, che ha la profondità che Pratolini riconosce solo alle sue donne: sono loro a rendere “Uomini” i suoi protagonisti.
Il romanzo, pur essendo la storia di un uomo racconta le storie dei personaggi che vivono interno a Metello e nelle parti dello sciopero, il romanzo si fa quasi sociale e diventa collettivo. Grande prova di efficacia narrativa.
Pratolini riesce alla fine del libro a trasmettere un messaggio di speranza, nonostante si conosca la storia e si sappia che non è andata proprio benissimo per gli sfruttati. Si è solo spostato il baricentro sociale e geografico.
La lingua: italiano e toscano volgare (nel senso del volgo) si intrecciano e si completano alla perfezione. Fosse solo per la lingua, Pratolini dovrebbe essere d’obbligo.
Trovo comunque che Metello sia meno riuscito di Allegoria e Derisione e la ragione, a mio parere, sta nel maggiore distacco dell’autore che, pur narrando temi caldi, lo fa in un passato che non conosce. Allegoria e Derisione è invece biografico: fascismo, antifascismo, guerra sono vissuti in prima persona e il mezzo espressivo ne è arricchito nell’afflato artistico e umano.
Nota personale: le ultime pagine dei libri di Pratolini riescono sempre a commuovermi, davvero. E’ uno scrittore che mi tocca, e se fosse così per tutti la sua esclusione dagli scaffali delle librerie sarebbe una vera perdita.
Consigliato: Italiani di tutto il mondo uniamoci e difendiamo la cultura, l’unica cosa che ci resta e in cui non temiamo confronti e forse, diffondendo certi modelli, riusciremo a sfornare qualche altro maestro
Sconsigliato: io non vedo francamente nessuno che non dovrebbe leggerlo. Evitatelo se non è il momento di piangere sulle opportunità perse, ma solo per riprenderlo quando sarete pronti
Di solito aggiungo la nota bibliografica, ma è in italiano e qualunque edizione riusciate a trovare va più che bene!
Metello è anche un libro di resistenza, come questi altri #5libri lavorare per esistere, esistere per lavorare, resistere e lavorare
Ho pensato,è bello che la Larina legga con sistematicità,non dove cojo cojo ,come la gran parte di noi,ed essendo il filo rosso,i libri dimenticati del 9oo,quelli che trovi sulle bancarelle dei libri usati(le vagonate di Cassola,Piero Chiara,Castellaneta,Luca Goldoni, Gina Lagorio,Piovene,Salvalaggio[li elenco così alla rinfusa come si trovano sul bancone]fino a qualche copia superstite di Alba de Cespedes o Guelfo Civinini).Noi del gruppo di lettura di Rovereto ,di cui è capitana la buona Agatuzza,abbiamo dedicato un ciclo di letture ai libri un po’ ai margini del canone novecentesco,i sottoclassici per così dire e la sorpresa più bella è stato il racconto lungo”La casa d’altri”di Silvio Darzo.Molte sarebbero le chicchere che si potrebbero fare sui titoli che nessuno si fuma più,ma ho già scritto troppo,un Grazie per i questi post che a noi non più giovani piacciono tanto,Gianni il postino
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E’ bello che la Larina abbia lettori meravilgiosi con cui condividere questa passione, ma ti assicuro che anche io vado sul ‘do cojo cojo perché in certi momenti è davvero salutare anche questo. C’è tanta letteratura italiana abbandonata e imperano intanto modelli che una volta sarebbero stati considerati spazzatura. Vogliamo parlare dello splendido Saviane o anche della Deledda di cui ormai si sente dire solo che è “una palla”…obbrobrio! basti pensare a come sta scadendo lo Strega a parte qualche eccezione. Allora continuiamo a confrontarci noi emarginati della buona scrittura tramite Agatuzza e non!
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IERI Ieri ho iniziato un libro che potrebbe stare nella serie che hai iniziato col Bontempelli e proseguito con qs Metello:è un romanzo di Manlio Cancogni ,classe 1916,”Signor Tenente”edito da “Eliot”che sta ripubblicando alcuni titoli di qs autore uscito di catalogo e dimenticato.Premesso al volume c’era un suo breve scritto datato Maggio 2014 quindi il Manlio vive ancora e lotta insieme a noi.Ieri poi ho fatto la mia quotidiana visita a mia madre all’ospizio,l’ho sorpresa a leggere i primi capitoli di un libro che aveva terminato settimane fa.Lo stato della sua memoria le consente ancora di leggere con gusto,ma se non la rifornissi ogni tanto di qualche nuovo titolo potrebbe tranquillamente andare avanti così,contando sui 4 5 volumi che ha sul comodino,sempre gli stessi, a rotazione.Che dire di questa fatica di Sisifo,di questa lettura circolare ,infinita e ciclica?Da una parte immalinconisce la prospettiva che in fondo alla serie rettilinea di titoli ed autori che stiamo vivendo ci sia qs Loop.Dei meravigliosi castelli delle odierne letture non rimarranno che sparse rovine,ed un silenzio altissimo e profondissima quiete, nella memoria sfarinata.Diventerà impossibile scrivere post e rece perchè ci mancherà il confronto,la nostra mente non sopporterà paragoni,leggere diventerà un’esperienza assoluta, una folgorazione.A quel punto tutto dipenderà da quali titoli avremo sul comodino,o forse neanche,l’Iliade o Topolino saranno la stessa cosa. A quel punto,e qui la malinconia si stempera,vivremo in un mondo di opere prime ed esordienti.La memoria azzerata ci consentirà di apprezzare “IL compagno segreto”di Conrad come fosse sempre la prima volta,di gustare all’infinito,”Bartebly lo scrivano” di Melville,di stupirci di un nuovo russo Checov,fino alla fine.Non è detto che sia l’inferno,sarà una situazione ambigua come nella poesia di Elizabeth Bischoph “One Art”che ho letto sempre ieri.Il primo verso faceva”The art of losing isn’t hard to master”e la poesia continua così,lieve ed amara,ironica ma triste.Bhe,sia quel che sia,la slitta della madre Russia vola sulla neve all’impazzata.
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e ti rispondo dal luogo delle letture, da una delle sale della biblioteca nazionale, dove l’odore della carta vecchia supera qualunque altra sensazione, dove il numero delle pagine non è immaginabile. Ti scrivo da una scrivania piena di titoli sullo sviluppo e le economie, dove persino in letture prosaiche trovi momenti di vera poesia e libri che descrivono i territori con il cuore e non solo con la freddezza dei numeri e leggendo appena acceso il laptop le tue parole mi sembrano illuminanti e allo stesso tempo gettano uno sguardo sul futuro di ognuno di noi e su come quello che leggiamo e che sia eterno per tutti gli uomini diventi volatile per un solo uomo. La malinconia delle tue parole segnerà una giornata di studio dove anche io sto cercando di scrivere parole che forse nessuno leggerà… ma forse meglio così.
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