Nuovo Signore degli Anelli: luci e ombre

Imbarcarsi in una nuova traduzione quando il pubblico ama molto quella vecchia è impresa suicida, come ben sa chi in Vaticano anni fa tentò di emendare il testo del Padre Nostro – per non nominare la nuova versione di Harry Potter! Iniziamo col dire che 60 anni fa, alla prima uscita, non erano così approfonditi gli studi su Tolkien linguista e filologo; quindi, un recupero di particolari o sfumature che la prima traduzione aveva sottovalutato ci sta. Inoltre le nuove edizioni, da Omero a Shakespeare, sono il modo per mantenere vivi i classici. Dunque, tenendo presente che l’intento di questa nuova traduzione è seguire più fedelmente lo spirito di Tolkien, nonché le direttive dell’Associazione Italiana Studi Tolkeniani, esaminiamola per punti.


  • Il più visibile e controverso, i nomi. Soprattutto dopo il film, siamo tutti affezionati ai nomi tradizionali, a partire da Sam. È chiaro che la nuova versione, Samplicio, ricalchi quanto spiegato da Tolkien stesso nell’appendice F, ovvero che il nome originale Banazîr significhi “Semplicione”, e che riecheggi i nomi del Medioevo, altra passione del professore. Allo stesso modo i Rangers, prima Raminghi ora Forestali, sono tradotti in modo corretto e rispettoso dell’uso italiano (in fondo in Italia abbiamo i forestali), per quanto meno evocativo dell’esilio e del logorio dei personaggi. D’altronde, con buona pace proprio di Tolkien, e come si è visto appunto con le traduzioni di Harry Potter, ormai la conoscenza dell’inglese è talmente diffusa che persino un bambino di dieci anni riesce a cogliere gli echi di un nome in originale. Il mio parere è, perciò, che varrebbe la pena lasciarli in inglese – anche per evitare traduzioni assurde come sarebbe nel mondo dei fumetti Wolverine con Ghiottone!
  • Per quanto riguarda la filosofia tolkeniana, questo nuovo testo mi sembra in effetti più fedele. Basta qualche esempio. Quando Gandalf sprona Bilbo a lasciare l’Anello, dopo la festa, dice: “Parti e mollalo qui. Smetti di possederlo” (originale: “Go away and leave it behind. Stop possessing it” – vecchia traduzione: “Parti e lascialo qui: separatene”). Ora, questa nuova versione, oltre alla maggiore aderenza all’originale, rispecchia meglio la vera natura del potere dell’Anello: se vuoi possederlo, non portarlo, è lui che possiede te. Allo stesso modo, il contestato “avvincerli” della poesia dell’Anello rende bene l’influenza dell’Unico sugli altri anelli: legarli a sé. Un altro passaggio, quando Galadriel rifiuta l’offerta di Frodo, dice: “ho superato la prova, mi sminuirò” (invece di “perderò i poteri”); chi ha amato anche il Silmarillion e i Racconti non può non ricordare che gli Elfi, in questo mondo, rimpiccioliscono diventando fate.
  • Per quanto riguarda canzoni e poesie, la mia opinione è meno favorevole. Indubbiamente, incentrandosi sul significato, si è persa la musicalità della precedente traduzione. Un esempio su tutti, fra le più famose, la canzone che Bilbo intona partendo da casa Baggins (a destra la nuova versione):

La Via prosegue senza fine

Lungi dall’uscio dal quale parte

Ora la Via è fuggita avanti,

Devo inseguirla ad ogni costo

Rincorrendola con piedi alati

Fin all’incrocio con una più larga

Dove si uniscono piste e sentieri

E poi dove andrò? Nessuno lo sa.

La Strada se n’va ininterrotta

A partire dall’uscio onde mosse

Or la Strada ha preso una rotta

Che io devo seguir, come posso,

Proseguirla con passo solerte,

Fino a che perverrà a un gran snodo

Ove affluiscono piste e trasferte.

E di poi? Io non so a quale approdo.

  • Per quanto riguarda lo stile, mi sembra in generale scorrevole, seppur con l’inserimento di qualche parola desueta, a volte forse troppo buttata là; comunque, i periodi sono fluidi, mai troppo lunghi, e la sintassi ben costruita. Le descrizioni, fiore all’occhiello di Tolkien, mantengono il loro fascino, soprattutto quando si riferiscono a Elfi o a luoghi elfici (restiamo a bocca aperta come Sam!). Le narrazioni delle battaglie, ad esempio a Moria, o delle fughe fra foreste tumuli montagne, sempre avvincenti. Nei dialoghi, il traduttore cerca di mantenere la differenza di parlato non solo fra i personaggi, ma anche in base alla persona con cui sta colloquiando il personaggio; così, ad esempio, Merry e Pippin parlano in modo più semplice e scherzoso fra loro, più forbito con gli Elfi. Il famoso intercalare di Sam, poi, “non so se mi spiego” diventa “non so se ci capiamo”.

Una piccola aggiunta personale: la vecchia traduzione della canzone di Beren e Luthien, intonata da Aragorn per rinfrancare gli Hobbit, conteneva un errore: “E la capigliatura bionda come cascate”. Ora, chiunque abbia letto il Silmarillion sa che Luthien è mora, tanto che la nuova traduzione recita: “E i capelli come ombra sulla scia” (originale: “And her hair shadow following”). Perciò, per questo, grazie!

Per concludere, pur conoscendo la precedente edizione a memoria, questa per me scorre e non gratta; certo, a volte il traduttore ha voluto/dovuto differenziarsi ad ogni costo, dando l’impressione di strafare. Leggendo il consiglio di Elrond o il passaggio attraverso Moria, però, ho tremolato come la prima volta; è stato come ritrovare un vecchio amico. Insomma, dategli una possibilità!

PS: peccato solo che la Bompiani abbia speso tutti i soldi per la copertina sberluccicante e niente per una mappa…

Silvia Marini

 

 

Titolo: La Compagnia dell’Anello
Autore: JRR Tolkien
Editore: Bompiani (2019)
Traduttore: Ottavio Fatica
Lunghezza stampa: 704 pagine
Prezzo: € 24

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3 risposte a "Nuovo Signore degli Anelli: luci e ombre"

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