Le ferite – quattordici racconti per MSF a cura di Caterina Bonvicini

Le Ferite - a cura di Caterina Bonvicini, Giulio Einaudi EditoreLe ferite, esteriori o interiori, sono quelle che da cinquant’anni, in tutto il mondo, cura Medici Senza Frontiere; in occasione di questo compleanno, quattordici scrittori hanno regalato ciascuno un racconto, declinando a modo proprio le ferite della vita.

Quasi tutti racconti in prima persona, forse per sottolineare l’immedesimazione nei personaggi e nella causa, ma che poi prendono vie assai diverse.

Molti sono dedicati al tema delle migrazioni e del diverso: la tenera assistente mensa di Jhumpa Lahiri non si sente accolta per la prima volta in tanti anni; il giornalista di Hamid Ziarati cerca disperatamente una ragazza scomparsa nella folla invisibile dei campi profughi; i ragazzi di Helena Janeczek a Merano dovranno a quattordici anni affrontare la dichiarazione di appartenenza a un gruppo linguistico (seguire il papà tedesco o la mamma italiana?); il malato di Melania Mazzucco si trova in ospedale spaesato, da solo, con un compagno di camera africano pieno di parenti e amici; Diego da Silva raccoglie tutti i possibili cliché sovranisti quasi in una mirabolante campagna elettorale al contrario fino al geniale “m’illumino di non senso”. 

Altri tornano all’infanzia, con la conseguente perdita dell’innocenza (il mondo è crudele ma anche noi stessi possiamo essere crudeli): Sandro Veronesi causa la morte di un riccio, Marco Balzano abbandona gli amici estivi, Domenico Starnone non si cura volutamente di un piccolo in lacrime. Dolorosi i racconti delle lacerazioni famigliari: Donatella Di Pietrantonio ci porta a un funerale in epoca covid, con la sofferenza online; Marcello Fois riesce a essere poetico pur nel narrare la depressione dall’interno, e i danni che può arrivare  a provocare in una famiglia; Rossella Milone, già provata per i dolori del corpo, deve affrontare le ripicche di un ex marito vendicativo; Antonella Lattanzi ci trascina in due famiglie problematiche, caratterizzati da diversi tipi di violenza, ma dalla stessa dipendenza affettiva.

Particolare il racconto di Evelina Santangelo, che parte dai migranti morti nelle acque del Mediterraneo per arrivare alle città svuotate dal covid (“Che sia mare o terra”). Filo conduttore è il senso di catastrofe, dal greco rivolgimento, rovesciamento (il verbo significa proprio capovolgere, come si capovolgono i barconi in mare), da cui un capovolgimento radicale del mondo, di come ci aspettiamo che dovrebbe andare. Entrambe le catastrofi non sono raccontabili con le parole: “come riparare con le parole quel che sembra riparabile solo da gesti esatti di sanitari marziani oppure da equipaggi addestrati, da azioni concrete di chi sperimenta rimedi salvifici oppure tira su a bordo vite che rischiano di sfilare via tra le onde”. Ecco il collegamento tra scrittori e MSF, e il senso del libro: come trovare parole che possano curare quanto le azioni dei volontari. Non per raddrizzare ciò che non si può raddrizzare, ma per trovare il punto esatto della piegatura e renderla meno nuda, meno insensata, meno sola. Darle evidenza con un gesto anche del tutto irreale ma capace di conformarsi a quella frattura. Di farsene carico, ecco”.

In chiusura, Marco Missiroli scompare nelle parole di una lettera trovata addosso a un naufrago, destinata alla fidanzata rimasta a casa, e piena di speranze infrante.

 

Lascia un commento

Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com.

Su ↑