


Le colline attorno parevano cenere,
indifferente la luna.
Chi mi conosce sa che non frequento molto i libri cosiddetti “gialli”. Tolto qualche noir, è un genere che non amo particolarmente non perché gli manchi qualcosa, ma perché nei libri cerco anche degli spunti di approfondimento.
Spinta dalla curiosità, stavolta, e dalle voci entusiastiche del gruppo degli amici “russi”, ho iniziato la trilogia. Avrei dovuto aspettarmelo, da Davide Longo, che riuscisse a farmi entrare in sintonia con i suoi personaggi e mi rivelasse che nei suoi libri c’è dell’altro.
Le sue storie sono ambientate in un paesaggio simile a quello in cui vivo, montano, dove il clima e le asperità del territorio hanno plasmato caratteri tendenzialmente chiusi, essenziali, introspettivi.
Bramard, l’ex commissario, è un uomo che cerca di superare un dolore troppo grande. Sembra sfidare la morte, ma ha, in fondo, quella scintilla che lo tiene ancorato a questo mondo. Arcadipane, prima suo collega, ora colui che ha preso il suo posto di commissario di polizia, è un uomo che, vuoi per il lavoro, vuoi per la sua insicurezza, si fa sfuggire ciò che di importante ha, la sua famiglia, i suoi figli, la moglie di cui è distrattamente innamorato. Isa, poliziotta grintosa, iper tecnologica, con un passato irrisolto, sembra l’elemento di congiunzione delle due diverse personalità di Bramard e Arcadipane.
Tra Torino e le vallate piemontesi si svolgono le tre vicende narrate in questi libri, permeati di nebbie, freddo, malinconia. C’è la vita in una grande città nel nord, sviluppata attorno all’industria dell’automobile, che fa da sfondo soprattutto al secondo romanzo, Le bestie giovani, che si svolge tra il presente e un passato legato agli anni Settanta.
Le due sole attività per cui aveva rivelato una vocazione sin da bambino erano state infatti osservare la vita, tenendosene in disparte, e leggere, che in fondo è un po’ la stessa cosa. Due pratiche che, portate avanti con l’abnegazione che appartiene ai primi vent’anni, lo avevano messo ancora giovane a parte di una verità figlia di solito del disincanto della vecchiaia. Una verità amara, ma assai utile per un inquirente: la commedia umana, per quanto variegata possa apparire a un primo sguardo, se osservata con distacco non si rivela altro che il frutto di una tavola periodica di elementi, assai simile a quella in cui Mendeleev aveva tentato di riassumere il mondo.
(da Il caso Bramard)
La scrittura di Longo è letteraria e colta, una qualità che non sempre si incontra in questo genere. Nei tre romanzi gli scenari cambiano, i personaggi sono gli stessi, le loro storie evolvono, alcuni nodi del passato si sciolgono, altri ne sorgono. Si tratta di una lettura che richiede attenzione, soprattutto all’inizio. E’ come se Longo disponesse le tessere del mosaico e ci invitasse a rimettere a posto i pezzi insieme. Non racconta, mostra. Ci fa sperare che volti la carta successiva per entrare nel mistero, perché ci aiuti a sciogliere le domande che mano a mano sorgono.
Non manca una sottile ironia che spesso ci fa sorridere. Le insicurezze dei personaggi, le loro debolezze non ne fanno degli eroi, li mostrano nella loro umana natura di persone imperfette, alla ricerca di un po’ di pace e di comprensione.
Invece prende una delle sue, l’accende e se ne resta in piedi, perché anche per quello è troppo tardi. Niente talento, niente tempo per imparare. Tardi. Il risultato sono una merda in piedi e una stronza seduta sui gradini.
(da Le bestie giovani)
Prendete il primo libro, immergetevi nella lettura. Non smetterete se non quando avrete finito il terzo volume. E siamo tutti gratə a Davide Longo perché sappiamo che sta lavorando al quarto volume della serie. Io non vedo l’ora.
Ah, dimenticavo, se trovate i sucai fate un fischio 😉
Titolo: Il caso Bramard, Le bestie giovani, Una rabbia semplice
Autore: Davide Longo
Editore: Einaudi
Copertine: Riccardo Falcinelli
eccomi, presente! Sono una delle fissate con la trilogia di Arcadipane. Leggete, gente, leggete
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io lo amo. punto.
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Mi sa che siamo in tant*
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anche io ho questa impressione.
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