Con l’ultimo romanzo di Domenico Dara, Malinverno, ci allontaniamo da Girifalco, paesino dei primi due romanzi (Breve trattato sulle coincidenze e Appunti di meccanica celeste entrambi per Nutrimenti), per trasferirci a Timpanara. L’atmosfera non cambia molto, c’è anche il solito manicomio vicino, ma quello che caratterizza Timpanara è la cartiera: un’immensa fabbrica di distruzione di libri, grazie alla quale, con le pagine che svolazzano per il paese, si diffonde “il morbo della cultura”.
Abbiamo pertanto nomi di personaggi quantomeno strambi, da Agamennone a Godot, da Wagner a Pascal, da Adelchi a Mopassàn (scritto così), fino al protagonista, Astolfo Malinverno, nato da suggestioni balzachiane e nomato per approssimazioni ariostesche, custode di libri, guardiano del cimitero, protettore dei vinti.
Difatti la storia inizia quando ad Astolfo, già custode della biblioteca, viene anche affidato l’incarico di guardiano del cimitero (immagino sia una moda letteraria del momento, dato il successo di “Cambiare l’acqua ai fiori”).
Intorno al protagonista, come tipico di Dara, vorticano una serie di personaggi curiosi, dal mugnaio all’impiegato dell’anagrafe al giovane che girovaga cercando di registrare le voci dei morti; ma la vicenda si incentra sulla tomba di una donna sconosciuta, da Astolfo rinominata Emma, come la Bovary dell’adorato romanzo. In effetti, il guardiano vive più nei libri che nel mondo reale, confondendo vita interiore e palcoscenico della realtà, come il suo eroe don Chisciotte, “simbolo di quell’umanità colpevole di pensare troppo e di pensare che sia sogno, la vita”.
Un altro tema, ricorrente anche nei precedenti romanzi, è quello dell’equilibrio: Astolfo nasce zoppo, “a causa di uno sbilanciamento corporeo che era segno fisico dei tempi squilibrati che il mondo viveva e della cecità di Natura” (molto leopardiano); allo stesso modo, il postino del Breve trattato sulle coincidenze cerca di portare l’equilibrio nel suo mondo, e l’equilibrista di Appunti di meccanica celeste è un personaggio chiave.
In fondo, il libro si mantiene continuamente in equilibrio fra la biblioteca e il cimitero, fra la vita e la morte: “tutto quello che ci viene dato nella vita – come i libri – è in prestito (più un passaggio al manicomio, che è un non-luogo, al di fuori di vita e morte).
Sul piano stilistico, Dara si allontana dal romanzo corale di Appunti di meccanica celeste (che resta, come per l’autore, il mio preferito), per tornare alla figura centrale che tesse i fili di Breve trattato sulle coincidenze; ma soprattutto, la narrazione passa in prima persona, rendendo le pagine più scorrevoli. Una curiosità è la rinuncia all’inserimento di parole dialettali, che suonavano troppo alla Camilleri; essendo Timpanara un paese di forti lettori, quasi eruditi, il gergo popolare avrebbe stonato: “un forestiero avrebbe potuto straniarsi del fatto che nessuno parlava più dialetto ma un italiano ricco e forbito”.
Restano i periodi complessi, le parole difficili come “latebre”, “vento panspermico”, “immagine mimnermica”, nonché le citazioni colte; alle classiche di Dara, legate al mondo greco-romano, si aggiungono quelle letterarie (ad esempio, tutto il brano che narra l’incontro dei genitori di Astolfo è scritto in stile ariostesco). Peccato, forse nel tentativo di raggiungere un pubblico più vasto, l’inserimento di frasi a effetto, a volte da baci perugina, che riecheggiano qualcosa di vuoto o già sentito, come “forse era questa la scomparsa, forse anche la morte: una dimensione diversa, il semplice abbassarsi di un piano, un calarsi dietro una curva”.
Titolo: Malinverno
Autore: Domenico Dara
Editore: Feltrinelli
Lunghezza stampa: 336pp.
Prezzo: 18,00 – 9,99 ebook
EAN: 9788807033780
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