La linea del colore di Igiaba Scego

 

La linea del colore

“Io avrei dato al prossimo degli occhi nuovi per guardare il mondo che attraversavano ogni giorno. Lenti per capire il passato e per acchiappare il futuro”

Devo ammettere che il titolo, “La linea del colore”, pensavo si riferisse alla linea di divisione fra “bianchi” e “neri” negli Stati Uniti di fine ‘800. Invece Igiaba mi/ci sorprende, e la linea del colore è quella della pittura, il primo vero amore della protagonista nonché la passione che la renderà davvero libera. Potremmo quindi dire “la linea dei colori”, il giallo, l’arancione, il viola, il lapislazzulo, l’amaranto, il malvarosa, il fiordaliso, quelli di cui Lafanu Brown viene prima spogliata da soprusi e violenze e di cui poi si riappropria man mano, con caparbietà e testardaggine, senza mai lasciarsi abbattere.

In Lafanu Brown si intrecciano le storie di due donne afrodiscendenti realmente esistite, la scultrice Edmonia Lewis e l’ostetrica attivista Sarah Parker Remond, giunte in Italia dagli Stati Uniti a fine ‘800. Donne che hanno viaggiato sole quando il viaggio per le donne in generale e per le donne nere in particolare era difficile se non impossibile (Lafanu infatti resta anni bloccata in Inghilterra perché tecnicamente non cittadina americana). Come ancora adesso, in parallelo, resta difficile il viaggio per chi è nato dalla parte sbagliata del mondo, per chi non ha un “passaporto forte”. A queste donne del passato si intreccia ulteriormente, nel presente, la storia di un’altra donna afrodiscendente, italiana, Leila, che per lavoro e passione si avvicinerà alla storia e alle opere di Lafanu.

Proprio l’arte è un nodo centrale del libro, soprattutto la Fontana dei Mori a Marino, che fa da collante fra le due donne, fra passato e presente. Entrambe, a distanza di decenni, restano scosse dalle quattro statue incatenate, con le mani e le braccia legate dietro la schiena, i volti distorti dalla sofferenza, con uno sguardo pieno di paura, rivolto in un punto imprecisato perso all’orizzonte. Queste figure, questi “corpi”, diventano per entrambe il simbolo della schiavitù e dell’oppressione. E segneranno le opere maggiori di Lafanu: “Forever Free”, un’allegoria dell’Africa liberata, in piedi su una conchiglia come le Veneri classiche, con le catene ancora evidenti ai polsi, una donna che guarda il mondo con aria di sfida; “L’Incatenata”, ispirata proprio alle statue della fontana di Marino.

Se è vero che chi scrive un romanzo storico in realtà vuole parlare dell’attualità sotto mentite spoglie, quello che salta all’occhio ne “La linea del colore” è la condizione della donna (e di una donna afrodiscendente) nella Roma di fine ‘800, nel passaggio dalla signoria dei Papi al nuovo Stato italiano, soprattutto in confronto con la situazione contemporanea negli Stati Uniti, terra della “ricerca della felicità”. Ecco, la sua felicità, insieme alla sua libertà, Lafanu viene a cercarla qui, in Italia. Solo qui riesce ad emanciparsi dalle proprie “protettrici”, mettere in piedi un atelier, camminare senza pensieri per le vie della città (almeno fino alla guerra coloniale in Eritrea), trovare forse l’amore. E adesso, nel 2020?

 

Titolo: La linea del colore
Autrice: Igiaba Scego
Editore: Bompiani
Pagine: 384
Prezzo: 18 euro 
EAN: 9788830101418
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