
Trieste di Daša Drndić è un romanzo dove il dramma personale e quello collettivo sono assolutamente inscindibili. Come suggerisce il sottotitolo, la scrittrice croata porta il lettore dal romanzo al documentario e viceversa, facendolo a volte interrogare su dove si trovi il confine fra realtà e espediente narrativo. Questa riflessione, capire cosa è documentario e cosa è romanzo, non è però necessaria.
La storia di Haya Tedeschi e della sua famiglia è paradigma di quella di tutti coloro che dietro ad un nome hanno una storia, e in Trieste diventa il pretesto attraverso cui Daša Drndić racconta il Novecento, l’orrore delle guerre mondiali e le loro conseguenze sulle vite di ieri e di oggi nella regione del Caput Adriae. La parte centrale del libro è segnata dal lungo elenco di nomi dei deportati dall’Italia. Smettere di leggere quei nomi è non riconoscere quei morti. Ho scelto di includere sia l’immagine della copertina dell’edizione inglese che di quella italiana perché sono due illustrazioni totalmente diverse ma complementari, e rappresentano le due anime di questo libro. La prima quella dell’orrore nazista, la seconda quella della vita – e dell’amore, o quello che ne resta – che va avanti anche nei momenti più bui.
Ho letto l’edizione in italiano di Bompiani, tradotta egregiamente da Liljana Avirović.

il libro: Trieste
Autrice: Daša Drndić
Traduttore: Liljana Avirović
Editore: Bompiani
Anno: 2016
L’ha ripubblicato su Vita da Museoe ha commentato:
Un altro libro da aggiungere alla mia lunghissima lista… Grazie ancora a Parla della Russia 🙂
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