Il Nobel non c’è! Viva il Nobel!

Quest’anno niente Nobel per la Letteratura. Lo scandalo che ha coinvolto l’Accademia di Svezia è stato talmente dirompente da annullare l’assegnazione per il 2018.

Peccato! perché il Nobel è un’abitudine per i lettori; un modo per confrontarsi con le proprie letture, i maestri e i giudizi degli esperti.

Noi “russi” però non ci stiamo e proponiamo il nostro Nobel.

Ognuno di noi candida uno scrittore o una scrittrice con la relativa motivazione. È un gioco, o forse qualcosa di più, un modo per esprimere il nostro  amore per la letteratura e il nostro dissenso per ciò che è successo a Stoccolma, per il fango gettato sull’arte utilizzando i soliti schemi maschilisti e di asservivemento delle donne

Però a noi non bastano i nostri. Noi vogliamo anche il vostro parere! Quindi commentate qui, diteci la vostra, candidate il vostro autore del cuore!

#nobelsecondoirussi #IlNobelSecondoNoi

 


Margaret Atwood candidata da Clahoudini

Per il Nobel io candido Margaret Atwood: per essere la più visionaria, lucida, raffinata e sensibile scrittrice della nostra epoca. Margaret Atwood ormai la conosciamo tutti (o quasi) da quando il suo romanzo del 1985, “The handmaid’s tale”, è diventato celebre grazie alla serie TV omonima del 2017, nutrendo il movimento femminista su vasta scala. Margaret Atwood ha 79 anni, e oltre a Il racconto dell’ancella ha scritto un infinità di libri tra romanzi, raccolte di racconti, letteratura per l’infanzia, poesie, saggi. Tutti testi indispensabili alla letteratura post-moderna e alle donne.

 


Don DeLillo candidato da Maga

Per il Nobel io candido Don DeLillo, perché per me rappresenta il DIO incontrastato della letteratura Americana contemporanea. Tagliente come un rasoio, cinico e perfezionista come pochi altri suoi coevi, dagli anni settanta riesce a raccontarci magistralmente il cambiamento Americano attraverso i sogni e le delusioni dei suoi meravigliosi e sfaccettati personaggi.

Parla la tua lingua, l’americano, e c’è una luce nel suo sguardo che è una mezza speranza. È un giorno di scuola, naturalmente, ma lui non c’è proprio, in classe. Preferisce star qui, invece, all’ombra di questa specie di vecchia carcassa arrugginita, e non si può dargli torto – questa metropoli di acciaio, cemento e vernice scrostata, di erba tosata ed enormi pacchetti di Chesterfield di sghimbescio sui tabelloni segnapunti, con un paio di sigarette che sbucano da ciascuno. Sono i desideri su vasta scala a fare la storia. Lui è solo un ragazzo con una passione precisa, ma fa parte di una folla che si sta radunando, anonime migliaia scese da autobus e treni, gente che in strette colonne attraversa marciando il ponte girevole sul fiume, e sebbene non siano una migrazione o una rivoluzione, un vasto scossone dell’anima, si portano dietro il calore pulsante della grande città e i loro piccoli sogni e delusioni, quell’invisibile nonsoché che incombe sul giorno – uomini in cappello di feltro e marinai in franchigia, il ruzzolio distratto dei loro pensieri, mentre vanno alla partita. (Underworld, 1997).

 


Annie Ernaux candidata da Agataelatempesta

Per il Nobel io candido Annie Ernaux perché ha la capacità di fare letteratura con la storia di sé, della propria famiglia. Racconta, senza pudore e vergogna, delle proprie origini. In Una donna racconta la storia della madre che ha cercato di assicurare alla figlia un futuro diverso dal proprio. Racconta sempre di sé, ma con un distacco e una precisione chirurgica.
Leggere Annie Ernaux è come leggere le nostre storie, le nostre radici, i nostri vissuti. Nei suoi libri non cede mai all’autocommiserazione, ma scava, scalpella, svela ciò che ci muove, rivela come il nostro passato faccia parte di noi e non ci rimanga che fare i conti con lui, accettarlo, sapere che – inconsapevolmente – guiderà le nostre scelte. È una letteratura, la sua, forse dolorosa, ma necessaria.
In Una donna, Annie Ernaux ha la grande capacità di rendere universale il racconto del dolore per la perdita delle nostre madri.

 


Murakami Haruki candidato da Maria San

Per il Nobel io candido Murakami Haruki perché è l’autore che più di ogni altro mi ha formato nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta; unisce lo stile del romanzo all’americana alla liricità della letteratura giapponese. Murakami mi è sempre sembrato la trasposizione letteraria del mondo onirico e surreale proprio della cinematografia di David Lynch. Nei suoi romanzi, infatti, la realtà non è mai descritta così com’è. Tante realtà diverse caratterizzano la nostra vita che non è altro che una strada verso la solitudine finale, ossia un viaggio verso la ricerca della nostra propria identità. Murakami non è solo un narratore di storie bellissime (Norwegian Wood, Kafka sulla spiaggia o Dance Dance Dance) ma anche di saggi interessanti (Underground, L’arte di correre o Ritratti jazz. A proposito di jazz, i suoi libri sono permeati dalle note della musica che per eccellenza unisce la tecnica e l’improvvisazione per creare qualcosa di sublime – concetto che vale anche per i libri di Murakami).

 


Neil Gaiman candidato da Snailhand

Per il Nobel io candido Neil Gaiman

Fin dagli inizi come sceneggiatore di graphic novel dà un’impronta onirica, cupa ed ironica al suo modo di scrivere, presente poi nei romanzi, da Good Omens, scritto a quattro mani con Pratchett, fino ad American Gods, in cui la colonizzazione americana è vista attraverso gli incontri/scontri tra i pantheon degli emigranti. Lo stile brillante e la capacità di coniugare fantasy, gotico e mitologie in una visione moderna lo hanno portato ad essere uno degli autori contemporanei più originali e versatili.

 


Aleksandar Hemon candidato da Vhreccia

Per il Nobel io candido Aleksandar Hemon, scrittore di origine bosniaca emigrato negli States all’inizio degli anni ’90, e lì bloccato dallo scoppio della guerra che ha disgregato la Jugoslavia.
Da allora ha cominciato a scrivere in inglese: come Nabokov, come Conrad.
La sua prosa risulta sempre essenziale, vivace, autentica; i suoi personaggi e gli innumerevoli alter ego che infila nelle sue storie sono ben delineati e rimangono a lungo impressi nella memoria. Riesce ad affrontare temi importanti con delicatezza ed ironia. Hemon ha pochi eguali nella letteratura contemporanea per come ci parla, ad esempio, della violenza ne “Il progetto Lazarus”, o per come tratta i temi dello sradicamento e della morte ne “Il libro delle mie vite”.
Il mio nobel va a lui perché mi ha insegnato che si può elaborare il mondo soltanto raccontando storie, a partire dalla propria.


Claudio Magris candidato da Tatiana Larina

Per il Nobel io candido Claudio Magris: per la sua capacità di raccontare il mondo nella sua complessità e nella sua bellezza. Attraverso il genere ibrido che gli è proprio tra diario di viaggio, saggio storico e antropologico, Magris proietta il lettore in contesti lontani e spesso dimenticati restituendo una dimensione di meravigliosa diversità delle culture e dei luoghi. In un momento storico in cui è sempre più necessario ricordare quanto sia importante conoscere le differenti culture, da quelle più marginali ai gruppi etnici con maggiore numerosità, Magris rappresenta il baluardo di una cultura universale, essenziale al presente. Il suo Danubio è l’emblema di tutto questo e di una Europa che ha bisogno della sua multiculturalità per accettare le culture “altre”, ormai parte integrante del nostro mondo.


Michele Mari candidato da P@P

Per il Nobel io candido Michele Mari, per aver fatto della letteratura un’ossessione e aver omaggiato tutti i grandi scrittori del passato riproponendo temi e stili dei grandi classici di tutti i tempi. Originale e camaleontico, Michele Mari è una voce unica e raffinatissima nella letteratura italiana contemporanea.

Questi libri mi davano talmente tanto che io, per una sorta di gratitudine, sentivo poi di dover restituire in termini di omaggio affettuoso quello che mi avevano dato, che è quello che poi ho continuato a fare per tutta la vita come scrittore. Ho continuato ad omaggiare i topoi, le maniere, lo stile, la retorica, certi vezzi espressivi di grandi autori”.


Javier Marìas candidato da Aldarwish

Per il Nobel  io candido Javier Marías per la sottile capacità di sondare l’animo umano scandagliandone luci e ombre. Storie che si intrecciano tra Inghilterra e Spagna con una definizione degli ambienti che non sono soltanto lo sfondo delle vicende narrate, ma interagiscono come elemento attivo della narrazione nella caratterizzazione delle attitudini e delle emozioni dei personaggi.


Francesca Melandri candidata da Cristina

Per il Nobel io candido Francesca Melandri: per lo stile, per il contenuto, ma soprattutto per il coraggio letterario di alzare un coperchio che non veniva alzato abbastanza seriamente neppure nei libri di storia.


Daniel Pennac candidato da Albtsebt

Candido Daniel Pennac per essere il più affascinante tra gli scrittori popolari, per aver scritto di temi desueti eppure vicini ad ognuno, per aver scritto cose inaspettate e che pure rivelano una sfaccettatura prima ignorata, per aver scritto del fragore della vita nella saga dei Malausséne o “Messieurs les enfants” per aver scritto di scrittura in “Comme un roman” per aver scritto di nascere vivere invecchiare in “Journal d’un corps”, per aver scritto del dolore di crescere imparare studiare in “chagrin de classe”. Per tutti questi motivi propongo il mio premio Nobel per Daniel Pennac.

 


J.K. Rowling candidata da Paleomichi

Per il Nobel io candido  J.K. Rowling per la saga di Harry Potter :  per il grande impegno nel formare e divertire le nuove generazioni da oltre venti anni. Ha insegnato a milioni di bambini a crescere secondo dei principi di rettitudine e onestà, a riconoscere e superare i propri limiti, e ad avere il coraggio di affrontare le proprie paure.

Vorrei che la mia scelta, nella sua non canonicità, possa far riflettere sulle responsabilità che abbiamo verso i bambini di oggi e di domani, sulla fondamentale importanza della loro tutela, e sul dovere di garantire un futuro che possa essere guardato con fiducia e speranza.


Salman Rushdie candidato da Zaide Noll

Per il Nobel io candido Salman Rushdie perché è uno scrittore che esprime perfettamente la contemporaneità. Perché ha scritto libri estremamente politici ed allo stesso tempo estremamente poetici. Per I Figli della Mezzanotte e Shalimar il Clown, per i Versi Satanici e per Joseph Anton. Perché è profondamente ancorato nel mondo disgregato e postcoloniale di cui facciamo tutti parte. Perché la sua scrittura gli ha cambiato l’esistenza, in modo crudo ed anche brutale, e ce lo ha anche raccontato. Perché mi sento profondamente grata per essere una sua contemporanea, e credo che la sua grandezza vada finalmente riconosciuta.

“Non voglio più essere altro da ciò che sono. Ma chi sono io? La mia risposta: sono la somma di tutto ciò che è accaduto prima di me, di tutto ciò che mi si è visto fare, di tutto ciò che mi è stato fatto. Sono ogni persona e ogni cosa il cui essere al mondo è stato toccato dal mio. Sono tutto quello che accade dopo che me ne sono andato e che non sarebbe accaduto se io non fossi venuto. E ciò non mi rende particolarmente eccezionale; ogni «io», ognuno di noi che siamo ora più di seicento milioni, contiene una simile moltitudine. Lo ripeto per l’ultima volta: se volete capirmi, dovrete inghiottire un mondo.”

 


Ali Smith candidata da Cugginageno

Per il Nobel io candido Ali Smith, perché amatissima da un seguito di lettori fedeli, conosciutissima nei paesi di lingua inglese anche da chi non l’ha mai letta, ammirata dai critici.
Sempre modernissima, con uno sguardo amaro, guidata da un senso del ridicolo che non perdona nulla, spesso racconta a sprazzi, come di passaggio, situazioni inverosimili, conservando sempre una credibilità rara.
Mette il dito nella piaga, senza giudicare; anche quando spinge lo sguardo in profondità conserva una distanza, un cinismo scettico, che è tanto disturbante quanto preciso.
Per me i suoi stranissimi romanzi sono lo specchio della fatica terribile di essere umani in mezzo ad altri umani, cercando di non farsi travolgere dalla consapevolezza della vastità del tempo e dell’esistenza, dall’assenza di senso e di significato delle nostre vite. E però poi ci scappa un ghignetto, perché… oddio… che viaggi mentali! … ma alla fine la vita è questa, e più che altro fa ridere.

 


Abraham B. Yehoshua candidato da Polimena

Per il Nobel io candido lo scrittore israeliano perché la sua è una scrittura capace di descrivere la pienezza e la banalità del quotidiano e di rendere i suoi personaggi, pur radicati nella società israeliana, profondamente universali. Nei libri di Yehoshua la Grande Storia convive accanto alle microstorie fatte di divorzi e tradimenti, sesso, religiosità e difficili dinamiche familiari. Ho sofferto e gioito, ho temuto e amato, ho persino tifato per la poligamia accanto a Ben Atar e Abulafia, Galia, Yehudà Na’omi, Adam e i tanti Signor Mani, solo alcuni dei personaggi indimenticabili creati da Yehoshua.
Prima che sia troppo tardi, come è successo per Roth, vorrei che premiassero questo grandissimo scrittore ormai ottantunenne.

 


 

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5 risposte a "Il Nobel non c’è! Viva il Nobel!"

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  1. Ciao, anch’io vorrei proporre uno scrittore: l’olandese Jan Brokken. Un grande viaggiatore e narratore, capace di tessere l’intreccio delle vite di poeti, scrittori e musicisti, e di creare atmosfere suggestive, così come ha la capacità di condensare in poche folgoranti parole dei ritratti perfettamente centrati dei tanti personaggi che popolano i suoi libri. Pina

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