Pratolini è stato per me uno di quegli autori “da leggere”, insomma le ossa da farsi come lettore, uno di quelli nella libreria di casa. Così ho letto “Cronaca Familiare”, anni, secoli fa e mi piacque ‘abbastanza’, soprattutto per lo stile, un italiano-fiorentino formidabile, perché la nostra lingua non sai mai se la conosci davvero bene. Poi c’era la sua storia personale e questo essere stato prima fascista, poi comunista; questo realismo sociale che va bene tanto a destra come a sinistra e che non mi convinceva. Così l’ho accantonato. Pensavo ci fosse di meglio da leggere. Per caso, qualche anno fa, trovo una copia di Allegoria e Derisione appartenuta al nonno di mio marito. Lo prendo. Lo leggo. E scopro un capolavoro.
Allegoria e Derisione è il terzo volume della trilogia Una Storia Italiana, di cui Metello costituisce il primo capitolo e Lo scialo il secondo. Decido di leggerli anche se in ordine non ortodosso. Se Metello è un libro che si recupera ovunque, per Lo Scialo il discorso si fa complicato. Questo libro, lunghissimo di circa 1200 pagine è uscito dai cataloghi. Dopo la lettura di Metello, quindi ho avuto una battuta di arresto. Per fortuna ci sono “le armate russe” pronte ad intervenire. La nostra Agata scova una copia degli anni ’60 in liquidazione e me ne fa dono e subito dopo la P@P mi segnala che su Amazon è disponibile anche in ebook. Finalmente il libro è mio!
Ho completato la lettura di Lo Scialo con enorme fatica la scorsa primavera e ho deciso di scrivere sul blog… anche se non è una nuova uscita, anche se Pratolini ormai è un classico ma di nicchia. Perché vale la pena. Ed ecco qualche riflessione, che di cose da dire ce ne sarebbero 10000000mila.
Metello non ha bisogno di presentazioni e la mia recensione completa qui. È un libro mitico, entrato nell’immaginario collettivo grazie ad una produzione cinematografica. La narrazione parte dalla fine dell’800 e racconta delle prime lotte operaie in Italia, della costruzione di una coscienza di classe, della necessità dell’affiliazione, della crescente lotta per i diritti dei lavoratori. È un’Italia che come sempre sopravvive, non sempre è onesta, ma che ha del buono. Metello è l’uomo comune, ma indimenticabile, nei suoi amori, nelle sue passioni, nelle sue debolezze, nei suoi ideali. Ideali per cui lotta con l’asprezza di chi agli ideali è giunto prima per necessità che per convinzione. L’eroe è popolare, l’uomo qualunque che lotta per ricavarsi posto nel mondo e quando il posto gli viene negato fa squadra con gli altri come lui. Del romanzo è rilevante la costruzione dell’identità come pure il suo percorso di formazione sentimentale che passa attraverso l’amore per le donne.
Lo Scialo è il libro più difficile dei tre. L’intreccio narrativo è dato dalla storia di tre famiglie che si incrociano e si scontrano nella Firenze che va dagli anni ’10 fino agli anni ’30 del ‘900. Sono gli anni della prima guerra mondiale, della vittoria mutilata, della frustrazione dei reduci, delle imprese di D’Annunzio. È l’Italia che prepara e si prepara al fascismo, all’ascesa del regime, alla cancellazione delle liberà, alla rassegnazione alla dittatura. È l’Italia di chi campa e campicchia a spese degli altri, di chi se la cava, di chi ci crede e di chi tradisce, di chi resiste e di chi cede. In questo capitolo, sembra che Pratolini voglia scavare nella bassezza umana, voglia raschiare il fondo per giustificare l’avvento di un regime che gli italiani hanno voluto. Non sembra esserci redenzione possibile perché non c’è pentimento. Il libro è duro, a tratti scorre lento, non ha afflato o slanci. Vi sono però parti di poesia unica. La complessità di lo Scialo è nell’adozione del punto di vista del personaggio principale di ogni capitolo, senza l’uso della prima persona. La narrazione diventa quindi difficile perché cambia registro di continuo. L’introspezione è sperimetata attraverso l’utilizzo di linguaggi differenti dal gergale al volgare all’aulico al semplice a secondo del personaggio su cui l’occhio si posa e che seguiamo. In questo senso emblematici i capitoli che hanno per protagonista un bambino. Pratolini narra adottando il linguaggio e la visione di un bambino che osserva i fatti e i misfatti degli adulti, con leggerezza, curiosità, incanto, senza malizia, ma con la crudeltà che solo i bambini hanno in virtù della loro ingenuità senza filtri.
Non trascurabili sono infine i personaggi femminili. Una lunga parte di Lo Scialo è dedicata alla figura di Ninì, personaggio senza confronti con la letteratura italiana del periodo: intrepida, folle, lesbica, fascista. Vediamo Ninì non solo dall’esterno, ma dall’interno con la lettura del suo diario intimo, il diario di una donna determinata e allo stesso tempo insicura, che trova la forza di affermare la sua piena natura, tollerata con derisione dalla società solo per i suoi soldi. Ninì vive il proprio amore per le altre donne assumendo per loro il ruolo della guida, le conduce all’amore per uomini che inevitabilmente le distruggeranno, perché questo fanno gli uomini: distruggono le donne. Solo il marito di Ninì ama e basta, senza condizione, ma paradossalmente è l’unico che non può essere corrisposto. In contrasto la figura di Nella, bellissima, splendida, anche lei caduta nella sfera di influenza di Mimì, lotta tra la morale borghese e la voglia di autonomia che si concretizza solo in relazioni extraconiugali che la rendono comunque succube degli uomini.
Con Allegoria e Derisione è stato amore dalle prime pagine. Una scrittura intimista eppure in grado di cogliere la tragedia d’Italia, quella del fascismo, della seconda guerra mondiale, della guerra civile. Qui la redenzione arriva attraverso la purificazione del sacrificio: la lotta, la resistenza, il sangue versato per l’Italia, contro il fascismo, per la libertà.
Leggi e capisci che si poteva essere fascisti, che “ognuno ha le sue ragioni” (per citare Pennacchi), che anche il fascismo era un ideale… solo che tutti gli ideali vengono traditi e tornare indietro si può e contestare si deve, opporsi è un dovere qualunque cosa comporti. Ho pensato che questo suo cambiare fronte per Pratolini fosse opportunismo, a saltar sul carro del vincitore si fa sempre in tempo, infatti Allegoria e Derisione racconta la transizione di Valerio (alias Vasco) che dal superomismo della sua adolescenza – fascista – passa alla consapevolezza della debolezza e alla lotta, alla resistenza anti-fascista.
Le storie d’amore fungono da snodo narrativo, le donne della vita del protagonista si avvicendano e si sovrappongono. Figure meravigliose, angeli e demoni. Ognuna di loro è un romanzo, ma emerge su tutte nonna Celeste, la matriarca folle e perversa corrotta e corruttrice che come con la sua inconsapevole scelleratezza getta un’ombra sul futuro di tutta la famiglia.
E poi nel libro c’è tutta la critica letteraria; il percorso di formazione dello scrittore oltre che dell’uomo e la condivisione (mia) di tanta letteratura – Joyce, Svevo, Proust solo per citarne alcuni. Pare che la presa di coscienza del fascismo, la maturazione della necessità della resistenza passi attraverso la lettura di autori che determinino il formarsi di una coscienza e dell’anelito alla libertà. Come dire che senza cultura non c’è conoscenza, senza conoscenza non c’è libertà.
Questo libro, soprattutto nella parte finale, mi ha fatto commuovere fino a piangere: tutto è compiuto, gli eroi sono morti; restano solo i testimoni a tenere vivo il ricordo e gli ideali.
Sarebbe da citare tutto il libro, perché questo è un libro di consultazione.
Un’ultima nota: questa recensione è parziale. Ho saltato la parte centrale “La favola”, l’allegoria perché ho una fobia per gli animali allegorici scelti. È un peccato ma ne vale comunque la pena.
La Trilogia è interamente ambientata a Firenze, di cui Pratolini svela volti diversi e non proprio scontati. Una Firenze proletaria e povera che lotta per la sopravvivenza e per la propria identità. Certo, nei tre capitoli attraversiamo la Firenze popolare, quella aristocratica, quella borghese, quella ai margini e quella dei circoli esclusivi ma è davvero significativa la visione di Pratolini che pare dare vita ad una città che non corrisponde all’immaginario collettivo che fa di Firenze un mero scrigno d’arte. Se si pensa a Firenze non si pensa alle periferie, al degrado o ai problemi comuni ai grandi centri urbani. Se ne vede la bellezza e tanto basta. Invece Firenze di problema ne ha e ne ha avuti. A quella lotta di classe che percorre come una frattura sotterranea tutta l’Europa tra la fine dell’800 e la Seconda Guerra Mondiale, Firenze ha partecipato. Firenze si è divisa per il fascismo: da una parte chi lo ha voluto, dall’altra chi lo ha combattuto e in mezzo una maggioranza che lo ha accettato nel silenzio e nella connivenza, in quell’italico atteggiamento “vediamo se questa volta riesco a guadagnarci qualcosa anche io”. L’immagine di Firenze comunque, invece che che sminuita ne esce rafforzata e abbellita, se possibile.
Lo stile narrativo è realista, non per niente Pratolini è stato uno dei maggiori esponenti del Neorealismo letterario. Questo significa che il linguaggio si modella a seconda del protagonista e del contesto. I personaggi che abitano a San Frediano parlano la volgata, i personaggi che si muovono tra i circoli hanno un linguaggio forbito, attento alle sfumature. Si potrebbe parlare di italiano, ma si tratta di fiorentino. Sebbene la nostra lingua da questa principalmente derivi, il fiorentino resta peculiare nella costruzione delle frasi, nella sintassi, nei significati delle parole. La vividezza della parola è restituita nella complessità e in effetti complessa si rivela la lettura soprattutto in Lo Scialo, che a differenza degli altri due è un romanzo corale.
La maestria suprema di Pratolini sta nella costruzione del personaggio, di ogni singolo personaggio. Pratolini riesce a descrivere il cambiamento della natura umana, senza snaturare il personaggio stesso. Alla fine della storia troviamo il personaggio distante anni luce da ciò era all’inizio del libro, ma il percorso pare l’unico possibile per quel personaggio. Non entro nello specifico per non spoilerare, ma se consideriamo Valerio che conosciamo fascista e salutiamo partigiano, ci accorgiamo che nel percorso di crescita, di formazione non c’è stata frattura o incoerenza. Un fascista come Valerio solo all’anti-fascismo poteva approdare. Così come Giovanni da socialista finisce ad essere un lacché del regime. Questo accompagnare la storia dei personaggi nella loro evoluzione aiuta anche ad entrare nella Storia, nelle vicende che a posteriori sembrano incomprensibili.
Ho amato ogni singola pagine e quindi:
Lo consiglio: se volete riscoprire gemme nascoste della nostra letteratura, se volete sapere come sono andate le cose un secolo fa, se avete voglia di letture importanti
Lo sconsiglio: solo se pensate che: “…e basta parlar male del fascismo, che in fondo i treni arrivavano in orario!”
Se volete qualche spunto sui libri di resistenza come Metello ecco il post giusto
Bella e sentita questa rece, cara Tatiana. Metello lo lessi tantissimi anni fa e ricordo poco, se non che mi piacque. Lo scialo non mi attira ma il terzo della trilogia lo voglio leggere. E poi giusto, riscopriamo la letteratura italiana!
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Grazie Poli, Allegoria e Derisione forse è il libro che deciderei di mandare a memoria in un ipotetico futuro distopico alla Farenheit 451, perché nella mia lingua madre e perché dimenticato e perché Pratolini in questo libro è tutt’altro che autoreferenziale e conserva la memoria della letteratura oltre che della storia
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Mi hai convinta, tanto per cambiare!
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