Trentacinque secondi ancora

35secondi

Lorenzo Iervolino torna in libreria dopo il sontuoso “Un giorno triste, così felice” dedicato a Socrates con un nuovo libro pubblicato da 66thandthe2nd, sempre nella collana Vite Inattese.

Stavolta i protagonisti della storia sono John Carlos e Tommie Smith, l’immagine quella della loro protesta sul podio olimpico di Messico ’86 con i pugni levati al cielo e la testa reclinata, resa immortale dallo scatto fortunato del fotografo John Dominis.
Però…“Mostrano sempre l’immagine, ma non raccontano mai la storia”. Queste parole sono di John Carlos, e Iervolino fa suo l’assunto iconoclasta per raccontarci tutto il mondo che quella fotografia, da sola, non può contenere.
Non può contenere, ad esempio, che cosa abbia portato due persone tanto diverse, una cresciuta nel ghetto di Harlem (Carlos) e l’altra nel Texas rurale (Smith), con caratteri tanto diversi (irascibile ed estroverso il primo, taciturno e riflessivo l’altro) a rendere i propri destini indissolubili.
Questo ci racconta Iervolino, con il suo quaderno blu ad anelli terzo protagonista accanto a questi due giganti, con una prosa sicura ed empatica, mai banale e men che mai invadente, con un ritmo quasi blues, a cui ogni chiamata corrisponde una risposta, ad ogni domanda una spiegazione puntuale e documentata. Smonta quell’immagine un tassello alla volta, per farci capire come ci si è arrivati e le conseguenze che ha portato.

Si entra così nel cuore dell’America segregazionista del dopoguerra per ritrovarne le radici: l’infanzia dei due, segnata da povertà e privazioni, la scoperta piacevole del talento atletico, quella, più amara, che l’emancipazione arriva fin tanto che sei in pista, perché al di fuori, come soleva dire il razzista Delmer Brown, coach di Carlos a East Texas, sei solo un ottimo “cavallo da corsa”.
Dentro quella foto ci sono i sanguinosi e incendiarii anni ’60 e ’70, nei quali Smith e Carlos incrociano e seguono l’esempio di figure storiche della lotta per i diritti dei neri d’America: Mohammed Alì e la Nation of Islam di Elijah Mohammed, le Pantere Nere di Huey Newton e Bobby Seale, Angela Davis, Assata Shakur, l’Sncc di Rap Brown e Stokely, il reverendo King…

Sono per loro gli anni della consapevolezza, della necessità di fare qualcosa d’importante, dello studio universitario alla San Jose State: come Socrates poté contare sull’appoggio di Washington Olivetto per fondare la Democracia Corinthiana, così Smith e Carlos trovarono nel professor Harry Edwards colui che, con il Progetto olimpico per i diritti umani, riuscì ad incanalare e dare corpo a questa urgenza, colui che li convinse pienamente a sfruttare la visibilità che avrebbero avuto per rendere le Olimpiadi un atto politico. Cosa fare, allora, per lanciare un messaggio? Le versioni della storia che portarono a quel gesto sono diverse e di ognuna Iervolino rende conto, ma su un punto tutti non possono non concordare: che alle 20.49 del 16 ottobre 1968, quando quei due pugni neri scattarono verso il cielo, l’impatto e la potenza di quell’immagine ammutolirono lo stadio e il mondo intero.

Un libro importante questo di Iervolino, necessario e quanto mai attuale. Ha il pregio, come dicevo, di scomporre e ricomporre quell’immagine raccontando la Storia dentro e oltre quella foto. Fondamentale, a mio avviso, interiorizzare la lezione che ci ha comunicato il professor Harry Edwards: l’importanza di continuare a lottare, di alzare la voce contro ogni tipo di ingiustizia e tenere il culo in strada. Le lotte, infatti, sono cicliche, le vittorie mai definitive. C’è bisogno di mantenere uno stato di “permanent struggle”, di lotta permanente contro i soprusi della nostra società. Mala tempora currunt, infatti, e da ogni parte rigurgiti fascistoidi minano le basi della convivenza civile. Lo sport, guarda caso, continua ad essere lo specchio più veritiero della società e l’osservatorio privilegiato per mettere a punto le più inique forme di repressione: i continui cori razzisti negli stadi rimangano ovviamente impuniti, se i massimi dirigenti del nostro calcio stigmatizzano i giocatori di colore come “certi Optì Pobbà che fino a ieri mangiavano banane e ora guadagnano milioni”; emancipazione è una parola bandita, se alle richieste delle calciatrici si risponde con un “basta dare soldi a quelle quattro lesbiche, hanno rotto il cazzo”; una vita più giusta impossibile, se le sperimentazioni di schedatura attraverso la tessera del tifoso e l’allontanamento degli “indesiderati” attraverso daspo e mini-daspo vengono tradotte con l’ultimo decreto Minniti nella guerra al povero, al migrante, al più debole, al senza diritti, brandendo la bandiera del decoro e del prima gli italiani. neriEcco perché, secondo me, a fare il paio con la foto di Smith e Carlos a Messico ’68 è utile accostarne un’altra, diversa nella forma, ma altrettanto potente nella sostanza: quella di Bruno Neri a Firenze, nel ’36, quando lui il braccio lo lasciò inerte lungo i fianchi davanti ai gerarchi fascisti.

Spin off: merita un paragrafo a parte Peter Norman, secondo classificato in quella storica gara dei 200 metri piani. Norman, al pari degli altri due, subì angherie di ogni tipo al suo ritorno in patria, l’Australia, venne squalificato dalla propria federazione e non poté gareggiare alle Olimpiadi successive nonostante fosse l’unico sprinter aussie ad ottenere i tempi di qualificazione necessari (per inciso, il tempo fatto registrare a Messico ’68 è ancora primato nazionale). Norman, pur non essendo La storia, ne era parte più che consapevole, indossando fieramente la spilla del Progetto olimpico dei diritti umani, e soprattutto non facendo mai mancare negli anni successivi a quella gara la sua solidarietà alle lotte e alla condizione dei suoi amici/rivali. L’ultima parte del libro, nel quale Iervolino racconta la gara dal punto di vista dell’australiano, è pura adrenalina. Un altro invito da raccogliere, dopo aver girato l’ultima pagina di questo bel libro, è quello che Norman ci fa arrivare attraverso le parole di Alfonso De Alba, colui che dopo mille peripezie riuscì a far erigere, nel campus della San Jose Sate, la statua che raffigura il podio olimpico: Peter non c’è, sul secondo gradino sono scolpite solo le sue impronte, con la speranza che il suo posto possa esser preso da ogni persona che abbia la voglia e il coraggio di continuare a lottare. Perché c’è vita, oltre la cornice.

A Norman il nipote Matt ha dedicato un film molto toccante.

Titolo: trentacinque secondi ancora
Autore: Lorenzo Iervolino
Editore: 66thandthe2nd
Collana: Vite Inattese
Pagine: 288
Isbn: 9788898970698
Prezzo: 23€ cartaceo, 9,99€ ebook

In libreria da marzo 2017

 

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2 risposte a "Trentacinque secondi ancora"

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