#5libri resistenti

Ho letto centinaia di pagine di diari, lettere e racconti partigiani per scrivere le mie passeggiate resistenti, spesso soffocando in un mare di retorica. Nella sterminata produzione che ha seguito la guerra civile italiana (scusate, ma più ci penso, e più mi convinco che la definizione di Claudio Pavone sia l’unica accettabile) sono pochini i testi che si salvano, pochissimi quelli che sono riusciti a cogliere quel momento irripetibile della nostra storia nella sua drammaticità e freschezza.

Quelli che seguono sono quelli che ho amato di più, di cui ho seguito le tracce con più passione e felicità.

I giorni veri di Giovanna Zangrandi

L’onore di aprire questa lista va senza dubbio a lei, la piccola grande Giovanna. I giorni veri è il diario partigiano della Zangrandi, nome d’arte di Alma Bevilacqua, bolognese di nascita, ma cadorina per scelta, scrittrice, alpinista, staffetta partigiana. L’indomani dell’8 settembre, Giovanna prende gli scarponi e da Cortina, dove vive ormai da anni, parte per i sentieri del Cadore, alla ricerca dei Ribelli. Li troverà, e diventerà un’instancabile staffetta. Per capire chi era Giovanna Zangrandi, oltre a leggere le sue pagine, (sempre bellissime, dal romanzo I Brusaz a questo diario), bisogna guardarla nelle foto che la ritraggono il giorno della fine della guerra in piazza a Santo Stefano di Cadore: scarmigliata, sorridente, perfettamente a suo agio con l’arma al fianco, le mani in tasca nel vecchio impermeabile, sola donna fra uomini molto più rigidi e a disagio di lei. Indimenticabile (e necessaria oggi più che mai) la conclusione del libro, con i voltagabbana che scendono in piazza festanti, e la sua urgenza di non tradire i morti.

I piccoli maestri, di Luigi Meneghello

Lo ritengo uno de più bei romanzi della letteratura italiana, E sicuramente il più bel romanzo resistente. E’ il trionfo dell’antiretorica, il libro che meglio di ogni altro riesce a trasmettere, a noi che non c’eravamo, cosa è stata la scelta resistenziale, cosa ha voluto dire per giovani nati e cresciuti sotto il fascismo, (abituati a credere, obbedire e combattere) dire no, partire con tanta incoscienza, entusiasmo e impreparazione, e andare a morire per un’idea. Alcuni passaggi sono indimenticabile nel loro understatement , ed è così, credo, che andrebbero raccontate le vite eroiche “Non me li ricordo più bene questi ragazzi di Belluno: qualche faccia, qualche nome, ma raramente insieme, oppure la voce , o le cose che dicevano… So che molti di questi ragazzi sono finiti male, ma non ho mai voluto sapere i dettagli: da accenni uditi per caso so che c’entrano i ganci usati dai tedeschi nella zona , e i cavalli che ci strascinavano, forse dopo morti forse ancora vivi… Come si saranno comportati? E come ci saremmo comportati noi signorini, io in particolare ? ma sono cose marginali , come ci si comporta”.

Un ragazzo delle nostre contrade, di Mario Rigoni Stern

Contenuto in Ritorno sul Don, il racconto è uno dei pochi testi in cui Rigoni Stern tratta la Resistenza. D’altra parte, con disse lui stesso, ”io la Resistenza l’ho fatta nel lager”. Il racconto è un omaggio al Moretto, un ragazzo delle contrade di Asiago, appunto, che sale in montagna coi partigiani, tra cui i Piccoli maestri di Meneghello. Durante il grande rastrellamento del 4-5 giugno 1944 i tedeschi sospingono i partigiani in fuga sull’orlo dell’Altopiano, dove questo precipita con un balzo di mille metri sulla sottostante Valsugana. Lì i ragazzi preferiscono gettarsi nel vuoto, piuttosto che cadere in mano ai nazifascisti. Anni dopo Mario Rigoni Stern è tornato dalla Russia e dal lager, ed ha dentro un gelo che nulla riesce a sciogliere: sarà l’operazione di recupero dei corpi, calandosi lungo le rocce con i compaesani, a incrinare la sua solitudine, a farlo sentire finalmente a casa, perché la lotta della sua gente dell’Altopiano diventa, almeno un poco , anche la sua.

Il partigiano Johnny, di Beppe Fenoglio

La scelta di includere Il Partigiano è quasi obbligata. Come si fa a parlare di Resistenza senza Fenoglio? Come la Zangrandi, all’indomani dell’8 settembre anche Johnny sale verso le colline alla ricerca di bande a cui aggregarsi. E quando le trova, la delusione è grande. Non c’è nulla di eroico nei giovani sconvolti dalla fatica e dalla fame che incontra lungo i sentieri delle Langhe. In più sono garibaldini, e si trova così a combattere “in the wrong sector of the right side”. Finalmente troverà i badogliani, gli azzurri, a cui si sente vicino, unito nell’antifascismo e nell’anticomunismo. L’impasto linguistico del libro è noto, l’alternarsi continuo di inglese e italiano, le scelte stilistiche assolutamente sperimentali, ma l’ho amato per altro: come i testi precedenti è l’onestà intellettuale, di cui abbiamo oggi un bisogno disperato, a renderlo così importante.

E infine

(Un libro mediocre) Miracolo a Sant’Anna di James Mc Bride e (un brutto film) Miracolo a Sant’Anna  di Spike Lee VERSUS (un film splendido) L’uomo che verrà di Giorgio Diritti

Cosa succede quando due afroamericani animati di ottime intenzioni, ma totalmente a digiuno di storia europea ( o per lo meno italiana, visto il pasticcio che hanno fatto) decidono di occuparsi di Resistenza? Che ne esce un libro mediocre e un film orribile. A McBride a Lee della Resistenza non importava nulla, il loro interesse era raccontare il contributo (misconosciuto in patria) dei soldati neri Buffalo Soldiers alla guerra.

Però, perché attribuire la responsabilità del massacro a un partigiano traditore, tradendo così la realtà dei fatti? Ci furono, è vero, degli italiani che guidarono i nazisti a Sant’Anna, ma erano fascisti, si dice anche una donna il cui figlio fascista era stato ucciso pochi giorni prima dai partigiani. Un intreccio troppo complesso forse per i due americani, che hanno preferito una storia più romanzesca, e più comprensibile, di tradimenti tra compagni.

Per capire però cosa è stata la strategia tedesca della “terra bruciata” (circa 400 stragi per un totale di circa 15.000 morti), ovvero colpire la popolazione civile che dava aiuto ai partigiani (con cibo, ricovero, offrendo nascondigli durante i rastrellamenti ,ecc.) viene in nostro aiuto un film splendido L’uomo che verrà, di Giorgio Diritti, dove la strage di Monte Sole è vista attraverso gli occhi di una famiglia di montanari. Il solito grande scandalo della Storia.

7 risposte a "#5libri resistenti"

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      1. Che belli entrambi! il primo l’ho prestato non so più a chi, il secondo mi ha fatto andare a vedere le repubbliche baltiche lo scorso anno 😀

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