Gli anni

Di primo acchito non sapevo bene cosa provare. La scrittura e il contenuto di “Gli anni” di Annie Ernaux mi infastidiva e mi attraeva allo stesso tempo. Mi sembrava soprattutto un elenco. Un elenco di ricordi sparsi e fulminei che non mi appartenevano e che però sentivo miei, era una sorta di violenza che le facevo di cui non volevo sentirmi complice ma alla quale assistevo senza riuscire a smettere di guardare, come un voyeur che spia due ragazzi in auto la loro prima volta. Poi però ho capito che il motivo principale era proprio il fatto che non fosse per niente lontana da me, e che anzi, non la stavo facendo mia, quella memoria, ma mi apparteneva senza scampo. Ogni momento della sua vita era anche il mio. Un sentimento assimilabile alla vergogna mi impediva di continuare la lettura di giorno, così mi ci dedicavo solo di notte, volevo tenere segrete le mie lacrime e i miei continui: “è verissimo”. Contro il mio continuo esercizio dell’oblio che mi impongo da un anno, mi ritrovavo a rivivere controvoglia nei suoi panni, in un altro paese, in un altro tempo, ma così uguale al mio e a quello di tutti gli altri da rimanerne offesa e un po’ delusa. Soprattutto affranta, perché quella della memoria è un’attività sfiancante e che ripugna spesso, soprattutto per chi non riesce a relegare al passato ciò che è effettivamente passato.

Questi francesi e queste continue reminiscenze, mi dicevo.

Poi al rifiuto è susseguita l’accettazione, primo passo per la guarigione, e ho cominciato a leggere il libro ovunque, a ogni ora del giorno, senza preoccuparmi degli effetti che poteva provocare su di me e dell’interpretazione delle mie espressioni facciali.

“Tutte le immagini scompariranno.”

È la prima frase del romanzo. Quel “tutte” vanifica la speranza di una, almeno una sola immagine, che salvi la nostra memoria. Annie Ernaux divide il romanzo in fotografie che la ritraggono dagli anni ‘40 ad oggi, da queste prende spunto per parlare di qualsiasi cosa, di lei, della donna, dell’uomo, della Francia e del mondo intero. Parla di un’intera generazione che a ogni inizio di decennio si riunisce in una tavolata di famiglia e vede pian piano svanire i resti di ciò che c’era prima. Dai pranzi di famiglia intorno ai nonni che raccontano della guerra si finisce a parlare di programmi e “memoria” dei computer, in un’epoca in cui la memoria si trasforma in mera cosa obsoleta, smette di essere condivisione partecipata e diventa obbligo civile.

“I tempi andati abbandonavano le tavolate di famiglia, evadevano dal corpo e dalla pronuncia di chi li aveva vissuti per entrare invece nei programmi televisivi, in documentari commentati da voci disincarnate. Il ‘dovere della memoria’…”

Ed è adesso che quella malattia dal nome tedesco, la malattia della dimenticanza, “l’Alzheimer” entra e distrugge quello che resta, le persone sono improvvisamente ossessionate da oggetti antichi, si affannano nel cercare negli uffici anagrafe le proprie radici. La memoria, in un mondo così veloce, ha perso d’intensità.

Quello di cui parla Annie Ernaux non è possibile spiegarlo oltre. L’indipendenza dell’Algeria, gli scioperi del ‘95, l’11 settembre – “dov’eri tu l’11 settembre?”, tutto procede e si incastra con la sua vita, anche se “nel corso dell’esistenza personale, la Storia non esisteva”.

“In coda alla cassa del supermercato le capita di pensare a tutte le volte in cui si è trovata così, in fila, con il cestino più o meno pieno di vettovaglie. Guarda figure vaghe di donne, sole o accompagnate da figli che trotterellano intorno al carrello, donne senza volto, dissimili solo per la pettinatura – una crocchia bassa, capelli corti, di media lunghezza, a caschetto – e i vestiti – il maxi cappotto degli anni Settanta, il tre quarti nero degli anni Ottanta -, e le vede come immagini di se stessa, staccate, disincastrate le une dalle altre come parti di un’antica matriosca. Si raffigura lì, dieci o quindici anni dopo, il cestino pieno di dolciumi e giocattoli per nipoti che non sono ancora nati. Quella donna le pare altrettanto improbabile quanto agli occhi della ragazza di venticinque anni lo era la donna di quaranta che non poteva neanche immaginare di essere un giorno e che non è già più.”

Titolo: Gli Anni
Autore: Annie Ernaux
Traduttore: L. Flabbi
Editore: L’Orma
Anno edizione: 2015
Pagine: 276 p. , Brossura
ISBN: 9788898038169

10 risposte a "Gli anni"

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  1. bella recensione..riguardo al libro per me sono rimaste immagini emozioni esperienze troppo lontane, come se fossero fotografie di qualcosa che ti appartiene, la storia del 900, ma vista con degli occhi coperti da occhiali con lenti molto troppo spesse. E così quelle sensazioni ed emozioni non sono mai riuscite a farle mie ma sono rimaste parole di una pagina ben scritta. e niente più.

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  2. l’ho quasi finito. Amore incondizionato. Inizialmente sono stata catturata da una scrittura bellissima (e ci voleva dopo i vari Piperno e Ozpetek che mi sono sorbita recentemente).e poi mi sono ritrovata in quasi tutto (soprattutto il rapporto con i figli grandi, ) , Fare i conti con la propria memoria richiede molto coraggio . Bravo Annie!

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  3. Ho appena terminato la lettura de Gli anni. Era l’unico libro che mi mancava di leggere dela Ernaux (tra quelli che si trovano in italiano). Vorrei abbracciarla, vorrei dirle grazie per aver scritto la “nostra” storia.

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