Il mio piccolo vorace lettore oggi ha quattro anni, e questa volta vi parlerò più di lui che di un libro solo, di lui e di tutti i bambini che, come lui, hanno la pelle scura: la letteratura per l’infanzia, in Italia, ha un grossissimo limite – parla esclusivamente ai bambini bianchi.
I bambini neri, che crescono in società a prevalenza bianca (che siano bimbi dell’emigrazione, di seconda generazione, adottati, o nati da coppie miste), non hanno che pochissime possibilità di identificarsi nei personaggi della fantasia commerciale proposta. Nemmeno di quella più aperta e volenterosa.
Esiste in commercio, per questa fascia di età, un solo libro, dall’omonimo cartone animato: La dottoressa Peluche (ed. Disney Junior).
Dottie è nera ed è protagonista.
Bambine e bambini possono guardarla e identificarsi con lei e le sue avventure.
Esiste una collana di libri, Milly e Molly (di Cris Morrell e Gill Pittar, ed. EDT), in cui due bambine, una bianca e bionda e una nera e mora, vivono diverse divertenti avventure da migliori amiche, protagoniste alla pari.
Ed esiste un libro davvero molto bello: Squeak, rumble, whomp (ed. Curci), che racconta la scoperta dei suoni e della musica da parte di un ragazzino, nero e molto afro.
Basta, fine, nient’altro.
Nessun altro maschio nero.
Nessun altra femmina nera.
Almeno fino ai primi libri per preadolescenti, dove qualche ragazzina nera comincia a fare una timida comparsa da protagonista.
Ma ancora una volta, nessun maschio nero.
La comparsa, per gli adolescenti, di Antonio Dikele Distefano (Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti – ed. Mondadori), o, meglio ancora! di Habiba la Magica di Chiara Ingrao (ed. Coccolebooks) è una vera meraviglia, da questo punto di vista!
E’ vero, i bambini piccoli percepiscono poco le differenze in quanto tali – vedono che una cosa è diversa da un’altra ma non esprimono dentro di sé un giudizio e dunque hanno meno bisogno di proposte specifiche adattate alle loro mille diversità.
Questo però solo fino ai 2-3 anni al massimo.
Poi cominciano a disegnare sé stessi cercando tra i colori quello che assomiglia di più al colore della loro pelle, se sono figli di due genitori di pelle diversa, come il mio, mescolano e sperimentano finché non trovano il colore giusto per la mamma, per il papà, e la sfumatura che definisca loro stessi.
Poi aprono un libro e il Re Valdo è bianco e biondo.
Oppure Leo, il capo dei pirati, è bianco e biondo.
Ed entrambi hanno vicino un amico, Teo, nero e riccio, eternamente relegato a fare da coprotagonista: non apre bocca nemmeno una volta.
Questi che cito sono libri deliziosi (Re Valdo e il Drago e Tre piccoli Pirati, ed. Il Castoro), illustrati da una donna d’eccellenza, Helen Oxembury, forti e delicati insieme.
Ma non posso chiudere la giornata nel letto con il mio bambino passandogli il messaggio che lui può essere solo lo scudiero di Valdo o il secondo pirata di Leo.
La proposta editoriale negli ultimi anni ha sicuramente fatto alcuni passi: esistono ormai diversi libri di tipo generalista (Dieci dita alle mani e dieci dita ai piedini, Sulla nave dei pirati, Il favoloso libro delle bambole di carta, I rumori della città, Il libro del corpo umano, Il libro della famiglie) in cui i personaggi sono un po’ di tutte le sfumature, dimostrando che il mondo dell’editoria almeno si è accorto che i bambini a scuola non sono tutti bianchi!
Me ne compiaccio.
Ma una storia, che sia una, che abbia per protagonista un bambino nero, che ha delle avventure (anche solo UNA avventura), che costruisce qualcosa, che attivamente partecipa agli eventi e li determina, quella ancora non c’è.
Un Viky Vikingo nero, una storia illustrata da Rohal Dhal con un protagonista nero!
A essere sinceri fino in fondo, qualcosina c’è: esistono alcuni libri che hanno per protagonisti bambini o bambine neri.
Penso a Fior di Giuggiola (ed. Babalibri) libro delizioso o a Pikbadaluk (ed.La Editoriale Libraia), libro tremendo, ambientati in Africa, e in un Africa stereotipata e banale, fatta di leoni ed elefanti e quelle capanne di paglia che oramai si vedono quasi solo nelle cartoline delle Esposizioni Universali dei primi del ‘900.
Che sconforto.
Non sconforto in sé, Fior di Giuggiola è davvero un bel libro!
Lo farei volentieri leggere al mio bambino bianco e in mancanza di meglio perché non farlo leggere al mio bambino nero.
Ma.
Oppure ce ne sono un altro paio, quelli cosiddetti interculturali (Ada Maty, ed. Quantobasta, e L’ Africa in città, ed. TerrediMezzo ), in cui un bimbo bianco e uno nero si incontrano ed esplorano l’uno la cultura dell’altro.
Mio figlio ha la stessa identica cultura del suo migliore amico bianco e biondo, però.
Da libri così trarrà l’insegnamento che la cultura altrui ha un valore quanto la sua: ottimo.
Peccato che prima dovrà sciogliere il dilemma: la mia cultura è rappresentata da un tizio bianco, quella straniera da un ragazzino nero – allora cosa sono IO, che sono di questa cultura ma sono nero?
I bambini e le bambine neri sono qui, a Milano, a Bologna, a Lecce, a Palermo, nascono, crescono, vanno a scuola e hanno bisogno di sviluppare fantasia e autostima come tutti gli altri: hanno bisogno di vedersi pirati e poliziotte, e piloti di aereo, pompieri, ballerini e calciatrici, medici, esploratori ed esploratrici, portatori della stessa cultura del paese in cui crescono, perché è esattamente quello che sono.
Le maggiori librerie milanesi oramai mi conoscono: sono quella che entra da Feltrinelli o da Mondadori e dice scusi, le viene in mente un libro per bambini tra i 3 e i 7 anni che abbia per protagonista un maschietto nero?
E le povere commesse vanno in crisi, non vorrebbero essere impreparate su un argomento tanto politicamente corretto, ma effettivamente non hanno mai nulla da propormi, perché non esiste, e la cosa le mette spesso in imbarazzo, come fosse colpa loro.
Speriamo che qualcuno, in qualche casa editrice, prima o poi si senta davvero in colpa.
E che dopo aver letto questo post arrivino mille e più segnalazioni che mi dicano, che mi sono sbagliata!
Speriamo, davvero!
(Grazie da me, con tutto il cuore, e dal mio piccolo, vorace, lettore di quattro anni)
Grazie Cristina, una riflessione necessaria! ps giovanni ha solo Habiba la magica, in lista da leggere….
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Non avendo figli non avevo mai riflettuto sul fatto che in effetti la cultura di questi bimbi è la nostra e che invece quando in una storia ci sono un bianco e un nero si parla sempre in termini di incontro tra culture diverse, cosa che forse può avere un senso solo se si parla di adulti già strutturati. Grazie per lo spunto.
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Speriamo che qualcuno ascolti
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Grazie a voi e a questo blog, che dà spazio a temi importanti!
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Ben detto!! 4 anni dopo l’hai fatto questo blog la situazione è uguale. Che tristezza. Trovo niente in italiano con protagonista bambino nero ne pure misto. Ci sono alcune in inglese ma non abbastanza, voglio leggere in italiano ha mio figlio ma faccio fatica a trovare un libro appropriato. Scriverò e disegnerò il mio allora!
In oltre, sono d’accordo con quello hai detto del libro ‘i piccoli pirati‘ l’ho comprato perché ho visto Il carattere bambino nero. Ma quando ho l’appena letto ero delusa e scoraggiata.
Perdonami se ho sbagliato l’italiano, è la mia seconda lingua.
In tanto sono contenta di trovare questo blog è mai lascio I commenti ma credo che sia importante che tu sai che ci sono l’altri chi sono d’accordo.
Cordiali saluti,
Mamma Speranzosa
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