Rosa candida di Auður Ava Ólafsdóttir

Saltiamo i preamboli e arriviamo diritti al nocciolo: non mi è piaciuto, non mi ha coinvolta, a tratti mi ha annoiata, e alla fine mi ha fatto chiedere “Non sarà finito così?”. Era proprio finito così.

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Un viaggio di un ragazzo alla ricerca di se stesso, un viaggio in prima persona in compagnia di una “rosa a otto petali” da piantare nel giardino di un monastero.
Una famiglia da lasciare e dolori da superare, ma di cui in nessun momento ho avvertito il pathos. La morte in un incidente di una madre, un fratello gemello autistico, un padre apprensivo, una figlia avuta da una compagna di una sola notte e subito lasciata, il calarsi nel ruolo di padre e poi scoprirsi innamorato; niente, tutto mi passava noiosamente sotto gli occhi, parola dopo parola, senza suscitare alcuna emozione.
Tentativi di portare il sentimento nella storia ci sono; forse troppi e mi hanno accentuato il distacco emotivo. Ho trovato tutto così mellifluo e innaturale.
La ragazza da cui ha avuto una figlia ha bisogno di lui e inizia la sua strada verso la paternità, e tanto più lui si cala nel ruolo di padre tanto più lei si allontana da quello di madre.
Premesso che non credo nell’istinto di maternità per tutte (o paternità per tutti) e quindi che non mi sembra affatto strano che una donna possa rifiutare il suo ruolo materno ( o un padre quello paterno), la trasformazione mi è suonata falsa, plasticosa, come il resto dei sentimenti descritti nel libro.
Non posso concludere senza accennare a un altro elemento che mi ha molto colpita: il numero di pistole lasciate inutilizzate nelle scene.
Anton Cechov diceva che se in un romanzo compare una pistola, bisogna che spari, ma nel romanzo questo non avviene: la somiglianza della bimba con Gesù bambino è rimarcata in moltissime scene, sono insinuate delle sue doti di guarigione, ma dove portano?  Da nessuna parte. Arrivi alla fine sperando che accada qualcosa, che qualche pistola spari e niente, anzi peggio, l’autrice ti piazza un’ultima pistola nella scena finale – un raggio di sole dalla rosa a otto petali di una vetrata illumina la guancia della bambina –  ma non sparerà neppure quella.
Che dire? Lo sconsiglio caldamente.

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4 risposte a "Rosa candida di Auður Ava Ólafsdóttir"

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